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    Il 3 Novembre 1957 moriva G. Di Vittorio, simbolo dei diritti e delle libertà!

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    Figlio di braccianti agricoli, sicuramente ricordato come una delle figure più importanti in Italia, moriva il 3 Novembre del 1957 Giuseppe Di Vittorio. Il nostro ricordo, e quello di tutti i cerignolani, a 54 anni dalla sua dipartita, rende ancor più vivo il suo insegnamento. Studiava sottraendo a se stesso ore di riposo notturno, poiché costretto al lavoro di famiglia. La grande passione per la lettura e per l’attività politica, sin dall’età adolescenziale, lo portarono già nel 1911 ad esser nominato dirigente della Camera del Lavoro di Minervino Murge, per poi approdare poco tempo dopo a quella più importante e blasonata di Bari. Si è sempre battuto per i diritti dei lavoratori fin dai suoi primi passi come sindacalista. La questione meridionale, sempre in primo piano specie a quei tempi, portò il giovane Peppino a far parte dell’Unione Sindacale Italiana, precisamente nel comitato nazionale. Visse la prima guerra mondiale alleandosi con gli interventisti, e non perse mai di vista la questione della classe operaia, dei suoi diritti e della lotta contro i soprusi. Negli anni venti del novecento entra attivamente in politica, eletto deputato nonostante la condanna del tribunale speciale fascista, riparandosi poi in Francia. Nella seconda guerra mondiale prese parte alla Resistenza tra le fila delle Brigate Garibaldi. Nel 1945 fu eletto segretario della CGIL, da egli stesso fondata un anno prima con Grandi e Buozzi. Un anno più tardi entra a far parte dell’Assemblea Costituente come esponente del PCI. I grandi successi come sindacalista, la sua enorme coerenza, dimostrata in più occasioni, dall’attentato a Palmiro Togliatti fino all’intervento sovietico per la repressione ungherese, fecero crescere la sua fama di uomo politico vicino ai problemi degli operai, e lo portarono nel 1953 alla Presidenza della Federazione Sindacale Mondiale. Continuò a guidare in modo attivo il suo sindacato, CGIL, fino al 3 novembre del 1957, quando si spense a Lecco. La testimonianza dei tanti compaesani cerignolani che lo ricordano personalmente o nelle parole dei parenti più anziani, colora ogni volta la figura di Peppino Di Vittorio, come il più grande sindacalista d’Italia, colui che diede voce e diritti agli operai, colui che per la prima volta introdusse lo sciopero come arma di dissenso verso il potere, reo di non curare i mali del paese e del mezzogiorno intero, colui che in rappresentanza dei “cafoni” del sud insegnò i diritti dei lavoratori al Mondo intero. Oggi in Italia, e in particolare a Cerignola, manca tantissimo una figura come Peppino, guida e padre dei diritti dei più deboli.

    6 COMMENTS

    1. Certamente una delle icone più importanti della storia del secolo passato ‘900. I tanti che si sono succeduti dopo la sua scomparsa, nei territori a lui cari, non hanno dimostrato di possedere lo stesso carisma, che contraddistingueva l’uomo venuto e cresciuto “nella terra”.
      La salvaguardia dei diritti dei lavoratori è stato uno dei suoi cavalli di battaglia, ma nessuno, almeno qui nelle nostre terre, ha cercato di rispettarne i principi fondamentali. Il lavoro nero è la piaga di questa nostra terra!

    2. La differenza tra Peppino e il sindacato d’ oggi sta tutto nella coerenza. Oggi i cosidetti “sindacalisti ” si vendono per poco e poi entrano in politica per affermare i loro diritti e non quelli dei lavoratori.

    3. Il “nostro” Giuseppe Di Vittorio: UN GRANDISSIMO UOMO… Di uomini simili a lui non ce ne sono più. E’ uno di quei pochi motivi d’orgoglio nell’essere un cerignolano. Un uomo che ha fatto sacrifici, ha lottato per arrivare dove è arrivato e per ottenere ciò che ha ottenuto. Non solo per lui, ma per TUTTI i lavoratori. Un esempio da seguire.
      Peccato, però, che i tempi siano cambiati radicalmente, sia a Cerignola che in tutta Italia. Ormai tutto ciò che era stato da lui conquistato, insieme ai nostri “padri”, negli anni dopo la sua morte, è andato perso… Perché non si è più stati mossi dai principi e dai valori di quei tempi.
      I politici pensano solo a far soldi e a trarre vantaggi dalla loro carica, sia di destra che di sinistra, totalmente incuranti dei bisogni della società (soprattutto, in questo periodo di grande crisi economica e di difficoltà per le famiglie); i sindacati non sono più quelli di una volta, anche loro impegnati a pensare ai propri interessi personali, e non a quelli dei lavoratori; la maggior parte dei giovani di oggi preferisce restare inerme dinanzi ai governi che, man mano che passano i giorni, annientano quel sistema di tutele per cui è stato versato tanto sangue.
      Il problema di oggi è il menefreghismo, associato all’egoismo, che permea la nostra società.

    4. Lui sì che si è battuto fino alla morte per avere dei diritti di tutti siamo le nuove generazioni che ce li siamo fatti annientare in un niente gettando in vano gli sforzi e la vita del nostro caro Giuseppe DiVittorio.

    5. Sono particolarmente soddisfatto dei commenti fin quì espressi perchè sono la testimonianza concreta che questa grande icona della nostra storia cittadina e non solo rimane una delle poche di cui si avverte la mancanza, soprattutto in momenti come questo dove giorno dopo giorno vengono demolite tutte le conquiste civili e sindacali conquistate con grande passione e sacrificio, anche a costo della vita.Aggiungo, riferendomi in particolare alle nuove generazione, che il pensiero politico-sindacale del grande Di Vittorio rimane attualissimo e che se si vogliono affrontare in modo adeguato le problematiche che oggi emergono è sicuramente quello il punto da cui ripartire, facendo valere fino in fondo il suo insegnamento perchè in questo mondo nessuno regala niente a nessuno e che bisogna battersi fino in fondo con coraggio,determinazione e coerenza.

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