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    Il Comitato contro gli inceneritori sui casi Ecocapitanata e Ladisa

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    Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del Comitato spontaneo contro gli inceneritori in Capitanata: il documento commenta gli ultimi sviluppi delle vicende Ecocapitanata e Ladisa, soffermandosi anche sull’intera Zona Industriale avanzando delle proposte per rivalutare l’area come “oasi ecologica”. Di seguito la nota completa.

    In seguito alla notizia del mancato svolgimento a Cerignola della conferenza dei servizi (alla quale nessuno ci ha invitato, nonostante legittimamente “interessati”) sulla vicenda dell’inceneritore di rifiuti speciali di fronte alla mensa della Ladisa, il comitato spontaneo contro gli inceneritori ha inviato formale richiesta di partecipazione alla prossima data della conferenza dei servizi e di ogni altro incontro sull’argomento. La richiesta è stata protocollata – con posta elettronica certificata (PEC) – in data odierna presso il Comune di Cerignola, la Provincia, la sede di Foggia dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA), il Servizio Ecologia della Regione Puglia in Via delle Magnolie a Modugno. E speriamo che questa volta non succeda, come nella conferenza decisoria sull’inceneritore di Tressanti del 15 aprile 2010, che l’invito venga recapitato il giorno dopo.

    Nello specifico, la richiesta ufficiale di invito è orientata non soltanto alla vicenda dell’inceneritore sanitario Columella-Caiaffa e alla cucina del refettorio scolastico, che si trova a cento passi dalla ciminiera. Bensì anche a tutti gli altri impianti della zona industriale, i quali sono soggetti a normativa IPPC (“grande inquinamento” e rischio industriale), che rappresentano un fattore di reale pericolo per l’ambiente circostante, per la salute di chi lavora in zona e per l’immagine dell’economia locale (molte aziende site nei pressi di via Manfredonia esportano all’estero, anche il marchio DOC Bella di Cerignola). Non è più possibile concedere con superficialità nuovi spazi nella zona industriale, ad aziende che non siano in possesso di certificati ambientale o che non abbiano nulla a che fare con la vocazione del territorio alla trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli. Lo stesso interporto (proprietà dei Comuni di San Ferdinando e Cerignola e del valore di almeno 50 mln di euro) più che essere privatizzato e “svenduto”, dovrebbe essere riprogettato come oasi ecologica a servizio della zona industriale e dell’intero comparto produttivo della zona del Basso Tavoliere e della valle dell’Ofanto. Ciò impedirebbe, una volta per tutte, che il traffico dei rifiuti (scarti di lavorazione del pomodoro, acque reflue, altri rifiuti spesso maleodoranti, ecc.) sia gestito come quasi sempre in Italia dalla mafia. Non è più possibile accettare lo spreco di centinaia di tonnellate di materiale organico al giorno, il cosiddetto “umido”, che invece di diventare compost di qualità riutilizzabile come concime biologico, viene conferito in discarica. L’interporto può ospitare tali impianti all’avanguardia e sono già arrivate richieste in questo senso dai privati, ma le istuzioni (anche europee – pensiamo all’europarlamentare nella commissione ‘ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare’ Salvatore Tatarella) che dovrebbero occuparsene, stanno a guardare.

    L’Europa ha premiato diversi progetti di ecocompatibilizzazione di aree industriali, vedi il progetto SIAM in Emilia-Romagna (terra di inceneritori…), finanziato con lo strumento comunitario LIFE Plus (vedi www.life-siam.bologna.enea.it) oppure dei GAL (i cui bandi attualmente prevedono soldi per biomasse e biocarburanti, che la FAO definisce “crimine contro l’umanità”); la Facoltà di Agraria dell’Università di Foggia potrebbe impegnarsi in questo progetto; la Regione Puglia ha appena bandito “incentivi economici alle imprese del riciclaggio” e anche ai Comuni virtuosi. Perché non ispirarsi a questo modello?

    9 COMMENTS

    1. Il comunicato è interessantissimo. Forse dovremmo tutti incominciare ad osservare con più attenzione all’ambiente (spostando qualsiasi remora di natura politica o privatistica dal nostro orizzonte). Grazie

    2. Gli inceneritori, un modello di inquinamento portato a sistema

      Gli impianti di incenerimento emettono sostanze pericolose in quanto il combustibile è eterogeneo e non esistono depuratori al 100%. Sono stati censiti nei fumi, per le sole sostanze organiche, oltre 250 individui chimici. Molte di queste sono tossiche, cumulabili nell’ambiente e negli organismi, poco degradabili, bioaccumulabili nella catena alimentare, sono cancerogene, mutagene, teratogene e disturbatori endocrini. Sul rapporto tra emissioni, limiti e tossicologia, la Commissione Europea ha evidenziato che, a fronte dei progressi che hanno ridotto l’immissione di diossine , le nuove conoscenze determinano la necessità di ulteriori interventi:
      Sembra che le caratteristiche tossiche delle sostanze siano state sottovalutate: recenti studi tossicologici e sui biochimici riferiti in particolare agli effetti sullo sviluppo cerebrale, sulla riproduzione e sul sistema endocrino hanno dimostrato che gli effetti delle diossine sulla salute sono molto più gravi di quanto precedentemente supposto, anche a dosi estremamente ridotte.
      L’esposizione a diossine supera la dose tollerabile settimanale e giornaliera in una parte elevata della popolazione europea; dati più recenti e rappresentativi sull’assunzione giornaliera indicano che i valori assunti con la dieta alimentare sono superiori alla media prevista.
      La ricerca ha evidenziato che l’ambiente circostante ad un impianto di incenerimento era inquinato da diossine. Però da misure effettuate risultava che l’impianto emetteva ben al di sotto del limite di legge dei 0,1 nanog/Te/Nmc. (…) Dopo che l’esercizio dell’impianto è stato vincolato all’installazione di sistemi di campionamento in continuo – sorpresa – sono stati trovati tra gli 8,2 e 12,9 ng Te/Nmc» 5.
      Si ammette la pericolosità degli inquinanti emessi ma, nel contempo, si chiede di considerare il rischio reale e non il pericolo ipotetico: una valutazione del rischio completa, l’entità della ricaduta delle emissioni, l’analisi dei percorsi ambientali (inalazione, ingestione o contatto dermico con il suolo, catena alimentare) fino all’uomo, il confronto con standard internazionali (anche per i cancerogeni che non hanno soglia), da qui si parla di `accettabilità del rischio’ (con le relative incertezze per molte ragioni: tecnologiche, di conoscenze tossicologiche, etiche, economiche e politiche).
      In altri termini: la prassi ambientale corrente è un ritorno all’atteggiamento del Medioevo di fronte alla malattia, quando questa – e con essa la morte – era considerata uno scotto inevitabile, un debito da pagare a causa del peccato originale. Questo tipo di filosofia è stato ora rielaborato in forma più moderna: un certo livello di inquinamento e un certo rischio per la salute sono il prezzo inevitabile da pagare per i vantaggi materiali offerti dalla tecnologia avanzata. ( E il problema della fissazione degli standard diventa un campo di battaglia in cui si scontrano interessi economici, politici e morali contrapposti. Questi scontri sono elaboratamente ammantati di statistiche, in modo da poterli far passare per `scienza’..
      La richiesta di una valutazione del rischio fa emergere i limiti dell’affermazione per cui erano i vecchi inceneritori, con emissioni elevate, ad essere pericolosi mentre quelli moderni non sono più un rischio.
      In alcune recenti valutazioni, per gli inceneritori sono stati utilizzati dati autoridotti, la via espositiva considerata è stata solo inalatoria (quella alimentare, per esempio, pesa per il 95% dell’esposizione umana a diossine), è stata omessa ritenendo sufficiente il non superamento dei limiti di qualità dell’aria .
      Ci sono casi in cui è stato possibile valutare almeno degli studi di impatto ambientale, ma il più delle volte questa possibilità grazie a norme emesse dall’ex ministro Ronchi. L’affermazione che la tecnologia abbia risolto i problemi di impatto è un errore, per gli inceneritori i progressi sono stati per lo più nei sistemi di abbattimento.
      Un altro errore è considerare il rispetto di limiti condizione sufficiente di accettabilità anziché «una condizione necessaria ma non sufficiente per un elevato grado di protezione dell’ambiente e della popolazione»
      Gli inceneritori vanno evitati, ma bisogna pur trovare una soluzione idonea per la smaltimento dei rifiuti di ogno ordine e grado.
      La “differenziata” come scelta potrebbe non essere sufficiente!

    3. Posto che quanto affermato è sacrosanto (sebbene datato come certamente a conoscenza di Preambolo, che ringrazio), si può certamente affermare che gli ultimi studi in materia individuano soluzioni alternative agli inceneritori classici, ma un presupposto inevitabile, anzi condizione NECESSARIA ED INDISPENSABILE alla creazione di un circolo virtuoso che riduca (per quanto possibile) il ciclo entropico dei rifiuti passa attraverso una “differenziata” che raggiunga (e ci auguriamo superi) il 55 % dei RSU. Si mescolano quindi problematiche di natura scientifico-deterministica (senza scomodare il medioevo) con problematiche di natura prettamente politica. Mettere da parte qualsiasi individualismo per focalizzarsi su un interesse comune che si colloca certamente sopra la partigianeria politica e la cui posta in gioco è il testimone ambientale per le prossime generazioni può e deve rappresentare la nostra prossima sfida. E nessuno ne è esente.

    4. scusate l’inserimento nella discussione, le scuse solo perchè non sono tanto ferrato in materia quanto leggo da Alamo e Preambolo, ma non sarebbe il caso, visto che il gigante Marcegaglia nessuno lo ferma, di dirottare tutte le attività in odore di inquinamento tossico oggi alle porte della città, nei pressi del Marcegaglia????

      • scusa wits ma non ho capito. Provo a dire la mia. Lo stabilimento di Marcegaglia (di cui so poco e chiedo a chi ha info piu’ fresche) credo nasca “vecchio”, nel senso che esistono tecnologie avanzate che riescono a distruggere in maniera pulita (in realtà meno sporca è più corretto) e addirittura creando energia. Il problema importante su cui vorrei porre l’attenzione è che PRIMA di arrivare alla distruzione dei RSU bisogna riuscire ad effettuare una differenziata efficace tale da arrivare almeno al 55 %. Questa è la strada maestra e qualsiasi strada alternativa è, a mio avviso, ma anche ad avviso di tanta dottrina in materia SBAGLIATA. E, siccome parlare non ha mai risolto nessun problema, sto valutando la possibilità di avanzare proposte ad alcune correnti politiche operanti a Cerignola per tentare una via alternativa allo sfacelo che c’è adesso. E in linea con questo pensiero, chiunque volesse fornire adesione o semplicemente consenso non può che essere gradito.
        Saluti

    5. Torno sull’argomento per precisare che a mio avviso non è sufficiente creare un comitato (per quanto spontaneo) finalizzato esclusivamente ad effettuare azioni contro lo’inceneritore. E’ fondamentale costruire delle alternative plausibili e possibilmente economicamente (e soprattutto ecologicamente) sostenibili.
      Questo è un argomento che interessa tutti noi, ma dagli interventi e dalla attenzione e sostegno sollevati sembra che sia più importante dire la propria sugli alterchi Metta-Giannatempo che sulla nostra salute. Sic stantibus.

    6. le alternative all’inceneritore ci sono e passano ovviamente per la raccolta differenziata o meglio per la raccolta differenziata porta a porta l’unica che dà risultati rilevanti scrivete su google “alternative all’inceneritore”
      personalmente come gli amici del comitato spontaneo ritengo che l’unico modo per affrontare il problema rifiuti è un modo drastico e passa per “Rifiuti Zero” (in inglese Zero Waste). RIFIUTI ZERO è una strategia che si propone di riprogettare della vita ciclica delle risorse in modo tale da riutilizzare tutti i prodotti, facendo tendere la quantità di rifiuti da conferire in discarica allo zero, contrapponendosi alle pratiche che prevedono incenerimento e discarica[1]. Il processo assomiglia al riutilizzo delle risorse fatto dalla natura. vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Rifiuti_Zero
      Con l’aiuto dei consiglieri del ns gruppo consiliare ho preparato (IN VERITà sottoscritta anche da tutti gli altri partiti di minoranza) e presentato in data 5 aprile 2011
      una mozione RIFIUTI ZERO per impegnare l’amministrazione a darsi delle scadenza ed aderire al programma in oggetto
      PURTROPPO LA MOZIONE NONOSTANTE SONO PASSATI DIVERSI CONSIGLI COMUNALI NON VIENE ANCORA DISCUSSA forse ritenendo che ci sono questioni più importanti della ns salute!!!!!!

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