Libertà, una delle parole più abusate, almeno in politica. Nel 1996 scriveva l’allora cardinale Joseph Ratzinger: «troppo grande è il numero di coloro che non partecipano dei frutti di questa libertà, anzi, perdono completamente ogni libertà». Infatti la libertà può anche degenerare, far perdere la rotta, “dare alla testa”. Non è allora possibile che Cerignola sia una città “troppo libera”, laddove la politica, la società, l’informazione hanno smarrito i significati di cui la stessa “parola” è carica?
Per Jonas la libertà deve sempre essere pensata insieme con la responsabilità. La crescita della libertà non può più consistere semplicemente nel sempre maggiore ampliamento dei diritti individuali, ma deve fondarsi sulla responsabilità di ciò che si dice, di ciò che si scrive, di ciò che si fa, ma soprattutto di ciò che si è fatto. Chi oggi ad ogni livello si dichiara promotore della libertà dovrebbe guardare non solo, per dirla con Fedro, la bisaccia dei difetti altrui, ma anche quella dei difetti propri, quella che Prometeo pose non a vista degli occhi. E dovrebbe andare indietro nel tempo e riflettere. Chi oggi vuol somigliare a Catone l’Uticense, suicida per la libertà, deve ben ricordare che nell’allegoria dello scritto si prefigura una libertà da ogni cattivo impulso, che porta all’autentico dominio su se stesso; quella libertà per raggiungere la quale Dante è cinto del giunco dell’umiltà, fino alla sommità della montagna dove viene poi coronato “signore di se stesso” da Virgilio.