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    Populista? Populismo?

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    Si usa frequentemente il termine populismo/populista, probabilmente però non si conosce fino in fondo il significato di questa parola. Quello più vicino all’uso che comunemente se ne fa, si riferisce al mondo latino-americano, dove per populismo si intende la «forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione» (Treccani). Allora, si chiede spesso il cittadino, Grillo è populista? Berlusconi è populista? Forse. O forse no.

    Populista fu il generale Juan Domingo Perón, che era stato testimone diretto dell’ascesa del fascismo italiano ed ammirava Mussolini tanto da volergli “erigere un monumento in ogni angolo”. E di sicuro il populismo – si legge Decalogo del populismo iberoamericano
 di Enrique Krauze, che qui di seguito si riporta – non si deve cercare per via ideologica, ma va riconosciuto nel suo funzionamento. Eccone 10 aspetti specifici.

    1 Il populismo esalta il leader carismatico 
Non c’è populismo senza la figura dell’uomo provvidenziale, che risolverà, una volta per tutte, i problemi del popolo. “La consegna al carisma del profeta, del caudillo in guerra o del gran demagogo” ricorda Max Weber “non succede perché lo vuole il costume o la norma legale, ma perché gli uomini credono in lui. E lui stesso, se non è un parvenu meschino, effimero e presuntuoso, “vive per la sua opera”. Però è a lui e alle sue qualità a cui si consegna, il seguito e il partito”.

    2 Il populista non solo usa e abusa della parola: si impadronisce di lei 
La parola è il veicolo specifico del suo carisma. Il populista si sente l’interprete supremo della verità generale e anche l’agenzia di notizie del popolo. Parla con il pubblico costantemente, attizza le sue passioni, “illumina il cammino”, e lo fa senza limitazioni né intermediari. […] da Mussolini (e da Goebbels) Perón apprese l’importanza politica della radio, che lui ed Evita avrebbero utilizzato per ipnotizzare le masse. […]

    3 Il populismo fabbrica la verità 
I populisti portano fino alle ultime conseguenze il proverbio latino “Vox populi vox Dei”. Però siccome Dio non si manifesta tutti i giorni e il popolo non ha una sola voce, il governo “popolare” interpreta la voce del popolo, eleva questa versione al rango di verità ufficiale e sogna di decretare la verità unica. Come è ovvio i populisti detestano la libertà d’espressione. Confondono la critica con l’inimicizia militante, per cui cercano di discreditarla, controllarla e silenziarla. Nell’Argentina peronista, i quotidiani ufficiali e nazionalisti, compreso un organo nazista, contavano su generosi aiuti, ma la stampa libera stava per scomparire. La situazione venezuelana, con la “ley mordaza” che pende come una spada sulla libertà di espressione, ha lo stesso scopo: finirà con schiacciarla.

    4 Il populista usa in modo discrezionale i fondi pubblici
 Non ha pazienza con le sottigliezze dell’economia e delle finanze. […] L’ignoranza o incomprensione dei governi populisti in materia economica si sono trasformati in disastri enormi da cui i paesi tardano decenni a riprendersi.

    5 Il populista distribuisce direttamente la ricchezza 
Il che non è criticabile di per sé (soprattutto in Paesi poveri ci sono argomenti molto seri per distribuire in contanti una parte delle entrate, al margine delle costose burocrazie statali e precedendo gli effetti dell’inflazione), però il populista non distribuisce gratis: focalizza il suo aiuto e incassa obbedienza.
[…]

    6 Il populismo alimenta l’odio di classe 
”Le rivoluzioni nella democrazia” spiega Aristotele, citando “molti casi”, “sono causate soprattutto dall’intemperanza dei demagoghi”. […] Il populista non cerca con la forza di abolire il mercato: assoggetta i suoi agenti e li manipola a suo favore.

    7 Il populista mobilizza permanentemente i gruppi sociali
 Il populismo si appella, organizza e accende le masse. La piazza pubblica è un teatro in cui appare “Sua Maestà il Popolo” per dimostrare la sua forza ed ascoltare le invettive contro “i cattivi” di dentro e di fuori. “Il popolo”, chiaro, non la somma delle volontà individuali espresse in un voto e rappresentate in un Parlamento; neppure l’incarnazione della “volontà generale” di Rousseau, ma una massa selettiva e vociferante che ha caratterizzato un altro classico (Marx, non Karl, ma Groucho): “Il potere a quelli che urlano potere al popolo”.

    8 Il populismo fustiga sistematicamente “il nemico esterno”
 Immune alla critica e allergico all’autocritica, con il bisogno di capri espiatori per i fallimenti, il regime populista (più nazionalista che patriota) richiede distrarre l’attenzione interna verso un avversario di fuori. […]

    9 Il populismo disprezza l’ordine legale 
C’è nella cultura politica iberoamericana un attaccamento atavico alla “legge naturale” e una sfiducia nella legge fatta dall’uomo.

    10 Il populismo mina, domina e, alla fine, addomestica o cancella le istituzioni della democrazia liberale
 Il populismo odia i limiti del suo potere, li considera aristocratici, oligarchici e contrari alla “volontà popolare”. […] Il populismo ha, in aggiunta, una natura perversamente “moderata” o “provvisoria”: non arriva mai ad essere pienamente dittatoriale e totalitario; per questo alimenta senza smettere l’ingannevole illusione di un futuro migliore, maschera i disastri che provoca e rimanda l’esame obiettivo dei suoi atti, piega la critica, falsifica la verità, addormenta, corrompe e degrada lo spirito pubblico.

    Tutto questo perché un editoriale serve anche per far chiarezza!

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