Ci ha lasciato nell’inizio di primavera, dopo aver lottato fino all’ultimo contro il male che lo perseguitava da tempo. Pietro Mennea, uno dei simboli più importanti dello sport italiano, lascia un mix di emozioni che difficilmente si possono dimenticare anche per la sua terra, la Puglia. Nato nel 1952 a Barletta, da padre sarto e mamma casalinga, Mennea iniziò la sua lunga carriera atletica internazionale nel 1971, quando debuttò ai Campionati Europei con un terzo posto nella staffetta 4×100 uomini. Il successo personale più importante arriva alle Universiadi di Città del Messico (1979), dove nei 200 metri stabilì con 19’’72 il record mondiale che resistette per ben diciassette anni, battuto alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996 dallo statunitense Michael Johnson. Il velocista azzurro vinse l’oro olimpico a Mosca nel 1980, sempre nella stessa specialità, con il tempo di 20’’19. Soprannominato la “freccia del Sud”, si ritirò una prima volta dall’attività agonistica nel 1981, salvo poi ritornare sui suoi passi nel 1983, ottenendo il record (tuttora imbattuto) dei 150 metri e gareggiò fino alle Olimpiadi di Seul nel 1988, alle quali fu il portabandiera azzurro. Lascia la moglie Laura: ex parlamentare europeo, Mennea è stato autore di una ventina di libri; nel 2006 ha dato vita con la consorte alla “Fondazione Pietro Mennea”, onlus di carattere filantropico, che effettua donazioni e assistenza sociale a enti caritatevoli o di ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive, attraverso progetti specifici. Lo scopo secondario è di carattere culturale e consiste nel diffondere lo sport e i suoi valori, nonché promuovere la lotta al doping. Di carattere introverso, che talvolta veniva definito scontroso da alcuni, l’atleta non dimenticava mai le sue origini: dotato di grande forza d’animo e perseveranza, ha dimostrato che il lavoro paga, in una disciplina (quella della velocità) nella quale ha saputo farsi largo tra gli uomini jet di colore.