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    Siria, libertà di stampa nel mirino: “La guerra ferma i giornalisti”

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    Torture, rapimenti e aggressioni. Violenze che fermano i giornalisti in Siria. E’ l’altra faccia della guerra nel paese ormai dilaniato da un conflitto cominciato due anni fa. I reporter sono l’ultimo bersaglio delle forze che si contendono il potere nel paese. “La libertà di espressione è un diritto, non possono uccidermi per questo”. Yara Saleh, conduttrice della televisione Ikhbariya, ha lottato per difendere queste sue parole e la libertà di stampa. E’ stata rapita e torturata da un gruppo di ribelli nel mese di agosto. Si moltiplicano le storie di giornalisti vittime di aggressioni. I dati arrivano dall’ultimo rapporto di Amnesty International, presentato in occasione della Giornata mondiale della libertà di informazione. Uno degli ultimi casi è quello di Domenico Quirico, inviato della stampa scomparso 23 giorni fa.

    I dati Secondo Amnesty International, dall’inizio della rivolta contro il regime di Bashar al Assad, il 15 marzo 2011, 36 giornalisti sono morti e numerosi risultano dispersi. Il 4 aprile sono stati liberati quattro giornalisti italiani trattenuti nel nord del paese: Amedeo Ricucci, inviato della Rai, i freelance Elio Colavolpe e Andrea Vignali e la giornalista italo-siriana Susan Dabbous. Gli scontri fra l’esercito e i gruppi di opposizione rendono il paese sempre più pericoloso per chi lavora nel mondo dell’informazione. L’indagine di Amnesty International si intitola Colpire il messaggero. I giornalisti presi di mira da più parti in Siria. Sono decine i casi descritti in un fascicolo di decine di pagine. Testimonianze di persone che per difendere il loro lavoro spesso rischiano la vita. Il rapporto ricorda quanto sia importante il ruolo dei reporter in questo contesto anche per portare al resto del mondo notizie attendibili su quello che succede nel paese. Per evitare di finire rinchiusi in un carcere dai servizi segreti o di essere uccisi dai soldati fedeli a Bashar al-Assad o da un gruppo di opposizione, molti professionisti hanno deciso di lasciare la Siria.

    Le testimonianze “Ci viene segnalato che tutti i protagonisti del conflitto stanno violando le leggi sulla guerra, ma va detto che il governo sta commettendo più violazioni – ha detto Ann Harrison, vice direttore della sezione di Amnesty International che si occupa di Medioriente e Africa del Nord – Gli attacchi ai civili e, fra questi, ai giornalisti, sono crimini di guerra che devono essere condannati”. Da decenni i mezzi di informazione indipendenti hanno avuto vita dura in Siria. Lo stato d’emergenza si è concluso nel 2011, ma i reporter continuano ad essere perseguitati. Non possono parlare nei loro articoli e servizi di violazioni dei diritti umani da parte del governo. Anche se esistono leggi che sanciscono una maggior libertà di stampa, nulla è stato fatto in concreto.

    Reporter uccisi e arrestati
    Nel 2011 il governo ha portato avanti numerose azioni per impedire che i media si occupassero delle rivolte che stavano nascendo in diverse aree del paese. E’ lunga la lista di violenze e soprusi subite dai giornalisti. Nel febbraio 2012 Marie Colvin, reporter del Sunday Times, è stata uccisa insieme al fotografo francese Remi Ochlik. Il giornalista palestinese Salameh Kaileh è stato arrestato nell’aprile 2012 per aver criticato la Costituzione. E’ stato torturato in un carcere di Damasco, ma anche nell’ospedale dove è stato portato prima di essere deportato a Damasco. Il conduttore della tv pubblica Mohammed al-Sa’eed è stato invece rapito e ucciso dal gruppo di opposizione Jabhat Al-Nusra.

    L’appello “Stiamo cercando di sensibilizzare la comunità internazionale perché i responsabili di queste azioni siano condannati e perché le vittime siano risarcite, ma i siriani stanno ancora aspettando – conclude Ann Harrison – Quante altre prove di crimini di guerra e contro l’umanità sono ancora necessarie al Consiglio di Sicurezza dell’Onu perché presenti la situazione siriana alla Corte penale internazionale?”. (tratto da Repubblica.it)

    2 COMMENTS

    1. i giornalisti sono una cosa, i reporter sono un’altra cosa.
      i reporter vanno a rischiare la propria pelle, i giornalisti non rischiano mai nulla, tranne la poltrona se non servono il politico che li mantiene.
      quelli che stanno rischiando in Siria sono i reporter non i giornalisti.
      i Giornalisti se avessero fatto il loro dovere, dovevano aspramente criticare prima, ciò che avveniva in Siria, non solo dopo lo scoppio della guerra civile.

    2. Se succedono certe cose nel mondo, è per il volere e potere della politica.
      Un giorno pagheranno tutto il conto, davanti al CREATORE.

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