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    Mafia foggiana in un’inchiesta di Repubblica. Il caso Cerignola

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    FOGGIA – La provincia di Foggia è come Gomorra. Lo ricorda bene Roberto Saviano in un post pubblicato sul suo profilo Facebook, a proposito di uno dei tanti agguati sul territorio (il tentato omicidio di Mario Di Bari, un anno fa): “Il video di questa esecuzione mostra come Foggia abbia una realtà criminale del tutto ignorata eppure potente. Il territorio foggiano è infiltrato a ogni livello dall’organizzazione mafiosa ‘Società foggiana’ in grado di interloquire anche con ’ndrangheta e camorra. Foggia e tutto il Gargano vivono una pressione criminale spesso ignorata dai media nazionali. È proprio vero che se Bari ha la malavita, il potere mafioso pugliese è a Foggia e nel Gargano”. Saviano è tra i pochissimi a denunciarlo pubblicamente. Perché questa particolare e pericolosissima realtà è sottaciuta da tutti. Non la svelano i cittadini, non lo segnalano gli imprenditori. Le poche voci si colgono tra i corridoi del Tribunale: commenti sussurrati dalle forze dell’ordine davanti ad una strage che assomiglia ad un bollettino di guerra. Si rubano più auto che nella sola Napoli. Si uccide con più arroganza e sfrontatezza che nel Casertano. Si spara per strada quasi ogni giorno tra Foggia, San Severo, Cerignola, Manfredonia e i paesini del Gargano (Apricena, San Nicandro, Rodi, Monte Sant’Angelo). Una situazione gravissima e allarmante. La gente e le stesse forze dell’ordine sembrano quasi assuefatte. Perché lo scontro appare quasi impari. Per i mezzi e le risorse messi in campo; per l’arroganza con cui i clan sfidano lo Stato, forti di un potere che non è mai stato scalfito. Anzi: negli anni si è rafforzato. Nell’aprile scorso un commando, armato di kalashnikov e di bombe a mano, ha tentato di assaltare un caveau di una società di raccolta e custodia del contante. Per realizzare il piano ha rubato camion e ruspe con i quali ha bloccato le vie principali di accesso alla città e l’ha tenuta in ostaggio per quattro ore. Ha incendiato i mezzi per frenare l’arrivo delle volanti accolte a colpi di Ak-47. Dopo un lungo e intenso conflitto a fuoco, il commando ha rinunciato al colpo e si è dato alla fuga. E’ in queste zone che le telecamere di sorveglianza nei quartieri ce le mettono i boss, per controllare quando arriva la polizia. Ma non si tratta di ramificazioni della camorra, della ‘ndrangheta o di Cosa nostra. Non è il ritorno della Sacra corona unita. La mafia foggiana è autoctona. Non ha nulla a che fare con la malavita del Salento. E’ una realtà criminale che negli ultimi quindici anni ha fatto il salto di qualità, che non si limita più a rubare, ma tiene sotto scatto il territorio con le estorsioni, il monopolio degli appalti pubblici, il traffico di droga nei rioni dei palazzi popolari e perfino la raccolta dei pomodori, passando per il riciclaggio nei centri scommesse e nelle aziende del fotovoltaico.

    “Non aspettiamo il morto eccellente”

    Il documento che riportiamo in sintesi non ha bisogno di commenti. Basta leggerlo per capire cosa accade nel capoluogo pugliese. E’ la testimonianza diretta del nuovo Questore di Foggia, Piernicola Silvis: il racconto drammatico della battaglia che si combatte quotidianamente nella provincia. Un’audizione scioccante, dello scorso 28 giugno, davanti alla Commissione parlamentare per i reati contro gli amministratori pubblici, presieduta dalla senatrice Doris Lo Moro (Pd).

    SILVIS
    “Buongiorno signora Presidente, sono Piernicola Silvis e sono questore di Foggia. Vorrei tornare sul tema che stiamo affrontando, se me lo consente, perché io ho fatto il Questore anche in Sardegna, dove le minacce agli amministratori pubblici sono la quotidianità, come lo sono nella mia provincia; tuttavia cambia la forma mentis, perché tutto deve essere contestualizzato. In Sardegna c’è una forma mentis per la quale se, per fare un esempio, il sindaco Tonino ha negato una licenza all’amico Salvatore, è giusto che l’amico gli bruci la macchina: va avanti così da secoli”. “In questi territori”, prosegue il Questore, “c’è una considerazione diversa da fare. Ci sono delle spinte di tipo diverso, delinquenziale, volte a modificare gli assetti direzionali e politici di una determinata amministrazione. Non si può dire, quindi, che la Puglia, la Sardegna, la Calabria e la Campania sono uguali”.

    PRESIDENTE “Questo lo abbiamo capito anche noi. Anche questa Commissione è stata in Sardegna”.

    SILVIS “Immagino. Per quanto riguarda la provincia di Foggia, mi permetto, se me lo consente, di ribaltare il discorso; c’è una galassia di episodi che coinvolgono amministratori comunali: minacce, incendi di automobili, invio di proiettili, lettere anonime, telefonate, facce strane per strada che ti sfidano. Gradirei però approfittare di questa occasione per poter inquadrare il discorso in un’ottica diversa. Parlo della provincia di Foggia, che è la seconda provincia d’Italia per estensione, con un territorio di 7.000 chilometri quadrati e 700.000 abitanti per 61 Comuni. E’ un territorio estremamente composito, perché va dal Tavoliere delle Puglie, che è una piana sterminata dove il sole d’estate batte e arroventa l’aria, al Gargano, dove invece c’è una vita turistica eccezionale in estate (leggevo proprio oggi che Vieste è, insieme a Gallipoli nel Salento, tra le 10 località italiane più gettonate per le vacanze estive). Accade che questo territorio è devastato dalla criminalità, quindi non dobbiamo dimenticare che il discorso delle minacce agli amministratori pubblici non può essere decontestualizzato dal territorio. Questo è un territorio devastato dalla criminalità di tutti i tipi. C’è un’illegalità diffusa che fa paura. C’è una microcriminalità scatenata, a gennaio e a febbraio nella sola città di Foggia ci sono stati 420 furti d’auto: in proporzione, ne vengono rubate più che a Napoli (…) “Nel Gargano”, osserva il Questore, “che ricorda per alcuni versi le terre sarde, perché come quelle è terra di montanari, alligna però il benessere del turismo, perché in estate il Gargano letteralmente esplode sotto quel profilo. Ebbene, si è creata un’organizzazione criminale nel Gargano che estorce tutti gli esercenti pubblici. In una situazione del genere, in cui si è affogati dalle organizzazioni criminali, lei può immaginare come possa stare tranquillo un sindaco di Cerignola, di Vieste o di Monte Sant’Angelo. Vogliamo parlare della città di Foggia e di San Severo? Approfitto di questa sede per dire formalmente che Foggia, con 160.000 abitanti, è una città dove l’illegalità diffusa è dovunque, dove la microcriminalità è dovunque e dove vi è un’associazione criminale chiamata “la Società”, che è una vera e propria associazione per delinquere di stampo mafioso ex 416-bis: commette omicidi efferati (ce ne sono stati sei o sette dall’inizio dell’anno), commette estorsioni violente (tutta la città è estorta), c’è stata anche l’esplosione di un’autobomba all’inizio di marzo (non parlo di un petardo ma di una vera e propria autobomba) che per fortuna non ha fatto vittime, di fronte alla sede dell’azienda di un noto costruttore. Una città di questo tipo, dove tre, quattro bande di gangster si spartiscono il territorio e ogni tanto vanno in conflitto, si sparano e si ammazzano, ma dove non c’è ancora un’associazione antiracket. Tano Grasso, che tutti voi conoscete, è riuscito a costituire una buona associazione antiracket a Vieste, combattendo le associazioni criminali che operano sul Gargano, ma non è riuscito a crearla a Foggia. Ci riusciremo probabilmente a breve, ma nel 2014 una città massacrata dagli omicidi, anche di chi non ha pagato il pizzo, ancora non vede nascere un’associazione di questo tipo, perché la gente ha paura, signora Presidente. A Foggia, i nomi delle famiglie mafiose non si dicono neanche in famiglia. Ci sono omicidi, autobombe, estorsioni dovunque”. (…) Tutte queste cose il ministero dell’Interno le sa bene, stiamo lavorando con il Dipartimento, con il Capo della Polizia, con la Direzione centrale anticrimine, perché loro sanno quali sono i problemi e ci danno una grande mano. Con la Direzione centrale anticrimine abbiamo organizzato tutta una serie di iniziative. Non sto scantonando alla sua domanda sugli amministratori locali, ma bisogna contestualizzare la faccenda. Stiamo lavorando molto bene e con il Dipartimento di pubblica sicurezza per un mese, da metà marzo a metà aprile scorso, abbiamo stretto Cerignola d’assedio, abbiamo fatto centinaia di perquisizioni, abbiamo arrestato circa 30 persone, abbiamo requisito 40 chili di droga, ma quello è fisiologico, abbiamo catturato otto rapinatori di blindati, ma soprattutto il 1° aprile abbiamo trovato un deposito di armi. Fa venire i brividi, c’era una stanza enorme piena di armi lunghe e corte: decine di pistole di tutti i tipi, fucili mitragliatori, fucili a canne mozze, fucili a pompa, kalashnikov, abbiamo trovato addirittura una mitragliatrice con il treppiede da terra, da combattimento in guerra, bombe a mano, giubbetti antiproiettile, 18.000 proiettili di tutti i calibri. Ebbene, questa notizia è passata il giorno dopo sulla Gazzetta del Mezzogiorno e poi non se ne è parlato più. Dopo quattro giorni sono state trovate in Calabria quattro pistole e si è parlato dell’arsenale della ‘ndrangheta con cui dovevano fare la rivoluzione. Non è giusto”.

    PRESIDENTE “Vorrei fare un’osservazione se me lo consente, rivolta anche agli altri Questori. L’impressione che sto maturando in queste audizioni è che a livello nazionale è forte l’attenzione sulla mafia siciliana, sulla ‘ndrangheta calabrese e sulla Sacra corona unita, ma questa non è la sacra corona unita. O sbaglio.”

    SILVIS “Questa è molto peggio”.

    PRESIDENTE “Si sta sottovalutando il fatto che sta nascendo un’associazione da 416-bis che non è più la sacra corona unita”.

    SILVIS “Non sta nascendo, signora Presidente: è nata da anni”.

    PRESIDENTE
     “Si parla però di quella storica”.

    SILVIS “La sacra corona unita è un fenomeno del Salento, non ha nulla a che vedere con questi fatti della Puglia del Nord”.

    PRESIDENTE “Probabilmente non se ne parla a sufficienza”.

    SILVIS “Infatti, non se ne parla (…) Bisogna che la stampa ne parli, perché un omicidio commesso da una motocicletta, da cui sparano in testa a una persona, è esattamente identico qui come a Casal di Principe o a Napoli. Se un autobomba esplode qui non lo viene a sapere nessuno, Presidente: queste cose devono essere dette, perché non possiamo aspettare, come sempre, il morto eccellente, che ammazzino un Procuratore della Repubblica, uno dei nostri o un bambino, o che facciano una strage – in cui muore qualche innocente – per ricordarci che a Foggia c’è l’associazione criminale di stampo mafioso. No, dobbiamo farlo prima: è un segnale che bisogna lanciare. Noi stiamo lavorando molto bene: la nostra Squadra mobile fa operazioni su operazioni. Quando ho saputo, al ministero dell’Interno, del ritrovamento di quelle armi, l’ho ritenuto un fatto molto preoccupante, perché non erano in possesso di una banda. Era un solo individuo che le vendeva. Aveva un supermarket: si era fatto un book con le fotografie delle armi che bisognava sfogliare con il prezzario. Vuole sapere quanto costava un kalashnikov? Costava 3.300 euro: c’era scritto. Sa cosa mi ha preoccupato, Presidente? Ho visto nel book – e confrontato con le armi che avevamo davanti destinate alla criminalità organizzata – che è stato venduto un bazooka, ma per ora non lo abbiamo trovato. Chi ce l’ha questo bazooka adesso? Ce lo stiamo chiedendo. Ci siamo preoccupati e ci siamo subito chiesti: come, dove e da chi verrà usato? Visto l’assalto militare che hanno fatto quella notte al caveau, abbiamo pensato che probabilmente verrà usato da qualche parte, non sappiamo dove. Ma sappiamo che verrà usato”.

    PRESIDENTE Avrebbe dovuto ascoltare l’audizione del sindaco di Cerignola che abbiamo svolto ieri. Ecco perché, pur accettando di spostare le audizioni, avremmo voluto seguire un criterio: avremmo dovuto ascoltare prima voi e per ultimi i sindaci, ma per una serie di circostanze abbiamo dovuto organizzarci diversamente. Il suo racconto mi ha messo in crisi. Perché ricordo bene l’audizione del sindaco di Cerignola e descriveva un altro film; perché non c’è nessun rapporto tra quello che lei ci sta raccontando e la lettura delle intimidazioni che è stata data dal sindaco di Cerignola: o vive in un altro Paese lui o noi abbiamo ascoltato un’altra storia”.

    SILVIS “A Cerignola abbiamo avuto una o due rapine al giorno”.

    PRESIDENTE “In un contesto siffatto, non ci si può meravigliare che il tessuto sociale sia così sbrindellato”.

    SILVIS
    “Ecco perché mi sono permesso di ribaltare il piatto. Sicuramente, in un situazione di illegalità diffusa (a differenza del collega, il 90 per cento della mia carriera l’ho fatta al Centro Nord, lì ho lavorato e conosco benissimo la situazione), bisogna contestualizzare: in un territorio di illegalità diffusa, come possiamo pensare che, se un sindaco fa una cosa, non arrivi poi il “bossettino” del posto o quell’altro stupido o l’amico di quell’altro amico cui ha negato l’autorizzazione o il suo rivale politico e non gli incendi l’autovettura? E’ abbastanza normale, purtroppo. Dove è il rimedio? Bisogna far sì che venga meno o perlomeno si abbassi il livello di illegalità diffusa che purtroppo in questa Provincia alligna dovunque. Come? Con la cultura, con l’antiracket. A Casal di Principe è stato eletto un sindaco, con il 68 per cento dei voti, che per anni ha urlato contro la camorra e contro i Casalesi. A Corleone si sono svolte manifestazioni pubbliche contro cosa nostra e i ragazzi si davano la mano. Ci sono preti a Napoli che urlano contro la camorra. C’è un giornalista su Il Mattino di Napoli che ha scritto, rispetto alle dichiarazioni di lovine che ha detto che i Casalesi non esistono più, che sono sciocchezze e che esistono eccome i Casalesi. Ma qua dove sono? Chi dice che c’è stata l’autobomba e che abbiamo rinvenuto tutte quelle armi? Nessuno. Bisogna creare un’attenzione nazionale: se la società cresce e migliora, anche le minacce nei confronti degli amministratori politici e comunali scemano: questo è matematico. Deve crescere la società”.

    Il procuratore: “Tutti liberi i vecchi boss”

    FERMO “La mafia foggiana? E’ il vero pericolo in questo momento. Tanti boss ora sono liberi, perché hanno ottenuto sconti di pena. E sul territorio non c’è nessuna capacità di reazione”. Domenico Seccia, attuale procuratore della Repubblica di Fermo, ha portato a termine oltre cento processi alle mafie della Capitanata con pesantissime condanne. Sul fenomeno ha scritto due libri (“La mafia invisibile” e “La mafia sociale”). Per le minacce subite a seguito delle numerose condanne ora vive sotto scorta. “Durante il mio periodo da magistrato alla procura distrettuale di Bari prima, e come procuratore di Lucera poi”, rileva, “sono stati portati a compimento oltre 100 processi. Diverse centinaia anche i condannati per associazione mafiosa. Io divido le organizzazioni criminali in questi territori in quattro fazioni: c’è la mafia garganica che è quella al momento sulla quale lo Stato ha saputo rispondere e intervenire meglio. Poi c’è la mafia lucerina, e poi ci sono la mafia foggiana e quella sanseverese. Queste ultime due sono attualmente le più pericolose e le meno controllate”.

    Perché procuratore?
    “Da una parte c’è un problema di mezzi. Servirebbe maggiore coscienza del fenomeno e quindi maggior dispiegamento di forze. Forze straordinarie. E poi perché oggi la mafia foggiana è la prima industria del territorio, questo è dovuto al fatto che non c’è mai stata una risposta della società civile. È una organizzazione criminale radicata sul territorio. Le prime tracce risalgono al 1975, era una organizzazione al traino della Nuova camorra organizzata. Era legata a Cutolo. È una organizzazione molto violenta, per questo incute timore anche nella popolazione. I clan si federano, si confederano o si combattono. Come in questo momento. Lo scettro, il comando, va a chi ha in mano ‘la lista’, la loro contabilità criminale sui chi deve pagare le estorsioni”.

    Quali rischi ci sono?
    “Tanti, i vecchi capi mafia sono tutti liberi. Ed è un grande rischio. Per i giovani paradossalmente c’è l’attrazione della carriera facile. Poi c’è la totale assenza di una reazione sociale”.

    Stando all’ultimo dato ufficiale ci sarebbero quasi mille affiliati.
    “Secondo me ne sono molti di più. Un censimento vero è impossibile. Tra di loro ci sono anche tantissimi minori”.

    La donna austriaca che combatte i clan
    FOGGIA La mafia garganica è finita al centro anche di un servizio televisivo di una tv austriaca che ha raccontato la storia di Veronika Pelikan, giornalista che da 20 anni combatte l’abusivismo e lo strapotere dei clan nella zona di Peschici sul Gargano. I suoi genitori arrivarono in Puglia nel 1957. La loro meta era Capri, ma si fermarono prima. Comprarono un terreno che domina la baia, sul quale hanno costruito una casetta bianca. Piccola e povera, oggi come allora. “Una delle poche strutture non abusive della costa  – racconta sempre con orgoglio Veronika – costruita con tutte le autorizzazioni dai miei genitori, da loro amici venuti dall’Austria e persone del posto”. Nel corso degli anni, mentre buona parte della costa veniva invasa dal cemento, i Pelikan si sono sempre limitati ad un bar fatto con legna riportata a terra dal mare e capanne in canne di bambù per i bagnanti. I Pelikan si sono spesi sempre in prima persona per salvaguardare questo luogo, rifiutando offerte di acquisto e resistendo ad atti di sabotaggio. Un travaglio che dura da almeno 20 anni e che ha avuto il suo momento più critico due anni fa con l’incendio del chiosco. Il messaggio sottinteso era chiaro: i Pelikan dovevano lasciare Zaiana. Veronika e Carlo hanno reagito denunciando la situazione pubblicamente. Decine di articoli si sono succeduti, raccogliendo consensi da parte di cittadini vicini e lontani e delle associazioni ambientaliste.

    Non possiamo più guardare altrove
    di GIULIANO FOSCHINI

    Le parole del questore di Foggia, Piernicola Silvis, sono probabilmente l’atto di accusa più violento che un uomo dello Stato abbia fatto negli ultimi anni alla Criminalità organizzata. Perché le parole parlano di bombe e criminali, droga e kalashnikov, morti ammazzati e morti spariti. Ma l’obiettivo principale non sono loro. Siamo tutti quanti noi: i cittadini, lo Stato, i giornali, la società civile. Insomma, gli indifferenti. Attenzione, dice il Questore di Foggia, perché in giro ci sono criminali potenti e pericolosi. E gran parte della loro forza e ferocia viene dalla vostra distrazione. Ha ragione Silvis. Perché quello che sta accadendo oggi a Foggia è la sfida più delicata dell’antimafia italiana. Matura e ferita dagli anni siciliani, campani, calabresi, qui davvero può mettere in campo la sua capacità di prevenzione. E’ un posto, questo, dove l’antimafia sociale può sconfiggere la mafia criminale. Ma per il momento la prima è assente. La seconda è quasi ovunque. A Foggia, nel foggiano, sul Gargano, il pizzo è visto come un’inevitabile conseguenza. Soltanto due anni fa, in ritardo di venti rispetto al resto d’Italia, fu aperta la prima associazione anti racket e ora, a Foggia, Tano Grasso sta cercando di mettere su la seconda. A Foggia capita che nell’azienda pubblica per la raccolta dei rifiuti non ci siano più netturbini perché in un giorno sono stati tutti promossi: lo ha deciso la mafia e gli amministratori hanno ubbidito. Capita di incrociare una macchina che trasporti cinque chili di cocaina purissima, capita che un quartiere intero viene bloccato perché hanno deciso di assaltare un caveau, capita che in una cantina ci sia un arsenale da guerra e che manchi un kalashnikov. Capita che si ammazzi e che i cadaveri vengano dati in pasto ai porci. Capita che per anni si sotterrino rifiuti pericolosi in uno dei posti più belli della Regione, accanto a un parco archeologico e che ora, proprio lì, i tumori abbiano un picco improvviso ma evidentemente non casuale. Capita in sostanza che ci sia una guerra in corso. E che tutti guardino da un’altra parte. Bene, è arrivato il momento di girare la testa.

    (Tratto da Repubblica.it – di GIUSEPPE CAPORALE, con un commento di GIULIANO FOSCHINI – 25 settembre 2014)

    4 COMMENTS

    1. commento solo questo pezzo “Si spara per strada quasi ogni giorno tra Foggia, San Severo, Cerignola, Manfredonia e i paesini del Gargano (Apricena, San Nicandro, Rodi, Monte Sant’Angelo)” SONO ANNI CHE NON SI SPARA PER LE STRADE DI CERIGNOLA!!! CERIGNOLA E’ DA CONDANNARE PER TANTO ALTRO. SONO UNO DEI TANTI CHE VORREBBE CHE QUESTO PAESI MIGLIORI E CAMBI, MA SONO CONVINTO E LEGGO SUI GIORNALI CHE TANTI ALTRI PAESE NON SONO MEGLIO DEL NOSTRO!!! SI SPARA MOLTO PIU A MILANO CHE QUI, BASTA LEGGERE I GIORNALI QUOTIDIANI E ASCOLTARE I TG NAZIONALI!!!

    2. Istituzione reato comportamento mafioso e pena di morte per i mafiosi o
      preparatevi ad evacuare o espellere il sud italiano dall’Italia e dall’Europa

    3. Queste sono le testuali parole del Presidente della Commissione Antimafia…..su quello che gli aveva il giorno prima riferito il nostro Sindaco…dopo quello che invece ha detto il Questore di Foggia..N.B. (copia e incolla)…..(.Perché ricordo bene l’audizione del sindaco di Cerignola e descriveva un altro film; perché non c’è nessun rapporto tra quello che lei ci sta raccontando e la lettura delle intimidazioni che è stata data dal sindaco di Cerignola: o vive in un altro Paese lui o noi abbiamo ascoltato un’altra storia)…….

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