Un grande percorso ciclabile che segua la lunga linea tracciata dall’Acquedotto pugliese. Roba da far impallidire i 300 chilometri della ciclovia del Danubio e quella della Loira, che ogni anno generano milioni di euro di indotto per le aziende locali. I promotori dell’idea che ha già raccolto in due mesi oltre 10 mila firme virtuali non temono fatica e sudore, da veri appassionati di due ruote. E per dimostrare l’opportunità economica e turistica della proposta hanno compiuto un’autentica impresa. Quel tragitto lungo 474 chilometri infatti lo hanno esplorato davvero in sella a una bici, da Teora, in provincia di Avellino, fino a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce. Anche se la desiderata Via dell’Acquedotto oggi è costruita per soli 10 chilometri da Ceglie Messapica a Figazzano. Cosimo Chiffi, Simone Bosetti, Marco Taurino e Roberto Guido hanno affrontato il viaggio in cinque tappe, affiancati da altri due cicloturisti (Luigi Sanasi e Alessandro Santantonio), uniti al gruppo a Cassano: 69 chilometri da Teora ad Atella, altri 90 fino a Castel del Monte, poi 115 fino ad Alberobello, 135 fino a Nardò e infine gli ultimi 65 per arrivare alla punta della Puglia. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione Freeplan di Nardò, una dei 40 soggetti che compongono il Coordinamento dal basso per la ciclovia dell’Acquedotto pugliese.
Nei tratti lungo alcuni dei punti più affascinanti e poco valorizzati del meridione e incontrando tanti edifici di ispezione e impianti abbandonati, i quattro ‘cicloesploratori’ si sono dissetati con le innumerevoli fontanine pubbliche. E hanno raccolto l’entusiasmo e il contributo di cittadini, cicloamatori e operatori turistici, insieme alla carica per pedalare verso la meta. “C’è bisogno di un forte e deciso impegno delle istituzioni per trasformare questa esigenza della società civile in azioni rapide e coerenti – scrivono all’arrivo -impedendo che gli sforzi pur lodevoli di alcuni enti, e gli investimenti, vengano poi vanificati e mortificati dalla burocrazia”. Ci sono troppi cartelli di divieto di accesso per proprietà privata che costeggiano quell’unico tratto di ciclovia realizzato finora, a esempio. Mentre molti altri itinerari ciclabili già appositamente indicati (nell’area del Parco dell’Alta Murgia, in Valle d’Itria, a Villa Castelli, Oria e Francavilla Fontana) potrebbero diventare parte integrante di un unico e ambizioso piano: “Occorre innanzitutto una forte azione di regia per trasformare un’idea suggestiva in un progetto concreto – continuano – mantenendo una visione unitaria di tutto l’itinerario cicloturistico e un approccio progettuale più semplice e pratico”.
I primi ad essere interpellati saranno nei prossimi giorni l’assessori pugliesi ai Trasporti Giovanni Giannini e al Turismo Gianni Liviano, ma presto potrebbero essere coinvolti anche altri enti come la Regione Campania e la Regione Basilicata per dare seguito alla petizione lanciata da Bikeitalia.it e sottoscritta anche dall’ex ministro Massimo Bray, direttore dell’istituto della Enciclopedia Treccani. A fine luglio proprio Giannini si era rivolto ai promotori, precisando che i primi esempi di ciclovia erano stati creati proprio grazie allo sforzo della Regione Puglia, non senza difficoltà tra autorizzazioni, rifacimento dei muretti a secco e rafforzamento di balaustre e staccionate. Inoltre, sottolineava ancora il componente della giunta Emiliano, nel piano attuativo 2015-2019 del Piano regionale dei trasporti è “previsto tra gli interventi da realizzare entro il 2020, il completamento della ciclovia fino a Grottaglie, da un lato, e la realizzazione della stessa fino a Gioia del Colle, dall’altro lato, con la possibilità di realizzare un collegamento ciclabile fino a Matera, capitale europea della Cultura”. “Si parla, insomma, di 50 chilometri in 5 anni. A questo ritmo, si arriverà al completamento dell’intero progetto non prima del 2060 – era stata la risposta polemica del Coordinamento – La non risposta dell’Assessore non è per noi accettabile. Non ci fermeremo: d’altronde, siamo abituati a pedalare in salita e a fare fatica per ogni chilometro ottenuto”.
Tratto da repubblica.it – di G. R. – 4 settembre 2015