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    Buco di oltre 2 miliardi di euro nelle società partecipate di Puglia

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    Migliora il costo del lavoro, ma impressiona il peso dei debiti che ha sfondato quota due miliardi di euro. Le centinaia di società partecipate che fanno capo a enti pubblici pugliesi hanno costi molto pesanti. È la sintesi che emerge dalla Relazione 2015 degli organismi partecipati o controllati da Comuni, Province e Regioni stilata dalla Corte dei conti. Se è vero che la Puglia sul fronte delle perdite non finisce nell’elenco dei cattivi (come nel caso di Piemonte, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria e Sicilia in cui le perdite d’esercizio risultano in larga misura superiori agli utili d’esercizio, al netto delle imposte), è vero che i debiti delle centinaia di partecipate pugliesi sono da capogiro. L’analisi della Corte dei Conti, aggiornata con la banca dati Siquel a giugno 2015 (su dati di bilancio 2013), ha osservato 165 organismi partecipati pugliesi sul totale degli oltre 376 esistenti in totale, la maggior parte dei quali (302) fanno capo ai Comuni, poi 63 alle Province e 11 alla Regione. Si scopre così che assieme ai giganti del settore, come nel caso di Acquedotto Pugliese, c’è un lungo elenco di mini imprese pubbliche realizzate dalle amministrazioni comunali per la gestione di trasporti locali e rifiuti, ma anche università della terza età, musei, farmacie comunali e centri ittici.

    Un lungo elenco di aziende che danno stipendi a 9177 unità. A tanto ammonta il personale il cui costo si aggira attorno a 369 milioni di euro. Pesante anche il costo per unità a quota 40mila 281 euro, pari al 33 per cento di tutto il costo di produzione delle centinaia di partecipate pugliesi. Un dato in aumento rispetto allo scorso anno, quando la stessa Corte dei Conti certificò una spesa pro-capite pari a 39mila euro all’anno. Fra tutte le partecipate, i dipendenti che lavorano negli organismi a totale partecipazione pubblica sono 6661. Il loro costo pro capite ammonta a 41mila 518 euro. Ma il costo della produzione (135mila euro) è comunque inferiore al valore della produzione (145mila) generato da ogni dipendente. Ma a preoccupare maggiormente è la gestione finanziaria: “A livello di singole regioni – è scritto nella relazione dei giudici contabili – il confronto è però, a favore dei debiti verso controllanti per gli organismi a totale partecipazione pubblica censiti”. In quest’elenco, insieme a Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Emilia- Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Calabria e Sardegna, finisce anche la Puglia. In effetti, se i crediti degli organismi partecipati ammontano a 930 milioni di euro, i debiti sfondano il muro dei 2 miliardi 138 milioni. Il patrimonio netto è di 801 milioni.

    Gli utili non superano gli 80 milioni e le perdite sono ferme a quota 20 milioni di euro. Per quanto riguarda gli organismi a totale partecipazione pubblica si rilevano crediti per 702 milioni e debiti per 1,7 miliardi. In questo caso il patrimonio netto è a quota 472 milioni di euro. Una bacchettata arriva anche sulle razionalizzazioni: «La Sezione delle autonomie – scrivono ancora i giudici – ha già effettuato un primo monitoraggio del rispetto dell’obbligo di presentazione dei piani operativi di razionalizzazione (calendarizzato al 31 marzo 2015), da parte degli enti detentori di partecipazioni in società ed altri organismi». Questi piani di razionalizzazione sono già stati presentati da 8 Regioni. In questo elenco, però, manca la Puglia. È poi la stessa relazione della Corte dei Conti a segnalare le società in perdita. Fra quelle a totale partecipazione pubblica spuntano i 132mila euro di perdite per la Terra di Brindisi srl, o i 45mila euro di perdite dell’Università della terza età Luigi Imperati della provincia di Foggia. Ma ci sono anche 458mila euro di perdite di Alba Service e i 445mila dei Celestini a Lecce. Numeri più pesanti per Lupiae Servizi, sempre a Lecce, che perde un milione di euro. Ne perde invece 1,4 l’Amiu Spa di Taranto. Perdite ancora maggiori, 1,8 milioni, per l’azienda farmaceutica comunale in liquidazione sempre nella città jonica. Sul fronte opposto, fra i promossi nella relazione dei giudici contabili, l’Amgas Bari registra un utile netto di 8 milioni 725mila euro, per un valore di produzione di 14,2 milioni di euro, mentre l’Amiu Bari ha un valore di produzione di 80 milioni, un utile di 8 milioni e oneri per contratti di servizio per 63 milioni. (Antonello Cassano, Repubblica Bari)

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