Al ballottaggio elettorale del 14 giugno 2015, dopo un primo turno che aveva visto prevalere il candidato del centrosinistra Tommaso Sgarro, vince Franco Metta, il candidato senza (e contro) i partiti. Parlando della minaccia rifiuti, enfatizzando qualche incontro-trappola e facendo leva su accordi più o meno noti (e palesi), Metta diventa Sindaco. Si apre l’era del “cambiamento”, parola parafulmine di ogni azione, sventolata ad una città addormentata dalle consuetudini. Ad un anno da quel giorno, i 365 cambiamenti che ognuno avrebbe voluto vedere (uno al giorno almeno, considerati i proclami, ndr) si sono notevolmente ridotti e per i più maligni non ce ne sono proprio stati.

Le aiuole delle prime ore di governo Metta sono state col passare dei giorni soppiantate da bandi e affidamenti diretti. La nomina di un comandante della Polizia Municipale con beghe legali in corso in una città dove la parola sicurezza è sempre più tabù, le parole del Sindaco sul “blitz” agli abusivi, la fine, invece che il rilancio, del carrozzone Ofanto Sviluppo-Interporto, l’abbandono “con obbligo di silenzio” di un assessore, un sesto lotto di discarica prima osteggiato e oggi ritenuto strategico, la lotta “timida” sull’Ospedale e alcuni bandi forzatamente “fermi ai box” hanno offerto facili spunti all’opposizione. Ma soprattutto alla cittadinanza. Perché quando il popolo non è contento i giorni diventano più duri, le difficoltà insormontabili e gli affetti evaporano. Infatti seppure a Metta si devono riconoscere due meriti, quello di essere un leader carismatico e quello di riuscire a gestire un gruppo eterogeneo di “dilettanti” della politica, i malpancisti ci sono, anche in maggioranza, e cominciano a farsi coraggio.

Se è vero, come lo stesso Sindaco racconta, che Cerignola è stata abbandonata per vent’anni, è vero anche che gli sforzi (?) fatti finora evidentemente non bastano o meglio non sono sufficienti per mantenere in piedi quel consenso che Cerignola giusto un anno fa ha accordato all’ex-missino. Si dice che i più complessi, tra i cinque, siano gli ultimi anni di mandato. Oggi siamo solo al primo.