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    “Anticorruzione Pop”, presentato a Cerignola il libro di Leonardo Ferrante e Alberto Vannucci

    L'evento è stato organizzato dalle cooperative sociali "Altereco", "Pietra di Scarto" e dal presidio cittadino di Libera

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    L’anticorruzione a portata di cittadino comune è stato il tema di dibattito nella serata di giovedì 13 luglio, presso le Officine Fornari di Cerignola ed organizzato dalla Cooperativa Sociale “Alter Eco”, dalla Cooperativa Sociale “Pietra di Scarto” e dal presidio cittadino di Libera. In questa sede ha avuto luogo la presentazione di «Anticorruzione Pop», il libro scritto da Leonardo Ferrante (referente nazionale del settore Anticorruzione Civica e Cittadinanza Monitorante delle associazioni Libera e Gruppo Abele) e Alberto Vannucci (docente di Scienza Politica presso l’Università di Pisa) ed edito da Gruppo Abele.

    A spiegare come nasce questo libro, con presentazione di don Luigi Ciotti, e quali obiettivi si pone è lo stesso Leonardo Ferrante a lanotiziaweb.it, partendo dalla particolarità del titolo: «La parola “Pop” contiene più riferimenti: innanzitutto alla cultura popolare, accessibile a tutti, e per quello abbiamo scelto un linguaggio il più possibile semplice, divulgando contenuti che semplici non sono. “Pop” è inteso anche come qualcosa che possiamo fare tutti. Nel libro diamo strumenti operativi e proposte, certo non definitive ma ben abbozzate, con cui ciascuno di noi può fare il suo quotidianamente contro il malaffare». Fra le particolarità di questo libro c’è quella di affrontare il tema tagliando fuori le figure del corruttore e del corrotto, poiché «tutti i libri che ne parlano per spiegarci cos’è l’anticorruzione non hanno funzionato. Allora abbiamo cercato di escluderli e darci un tempo, uno spazio ed un linguaggio, per capire quello che possiamo fare noi, immaginandoci senza di loro. Rinunciamo anche alla parola “legalità” preferendole “integrità”, per mettere in evidenza il fatto che possano esserci leggi sui temi della corruzione che ancora non vanno bene e che è importante generare un cambiamento in queste politiche». Il libro presenta un’altra curiosa caratteristica: vengono citati Adamo ed Eva. E Ferrante spiega perché: «Popolari nella cultura sono anche quei miti di riferimento di tutti. La storia di Adamo ed Eva, alla luce della nostra fede, la conosciamo. Abbiamo voluto partire da lì, riscrivendola, anche perché questa è la ragione dei miti fondativi: spiegare i temi complessi. Noi ci siamo fatti aiutare da Adamo ed Eva a spiegare cosa sia la corruzione ma soprattutto l’anticorruzione».

    In sede di dibattito – moderato dal giornalista di Telenorba, Pietro Loffredo – è emerso come il libro sia anche figlio di esperimenti di persone che sono pienamente consce dei loro problemi. Non vi è bisogno di eroi o di santi per contrastare il fenomeno corruttivo, ma di cittadini comuni che si mettano al servizio attraverso un percorso semplice, attraverso una costante azione di monitoraggio. Quella che lo stesso autore ci indica essere la «cittadinanza monitorante» deve porsi l’obiettivo di entrare in sinergia con la buona politica e non solo. Si parla anche di magistratura e di come, per certi aspetti, Tangentopoli abbia insegnato poco. A tal proposito, Ferrante ricorda come «a un certo punto, Antonio Di Pietro divenne l’uomo più affascinante d’Italia, il più amato dalle casalinghe, né di destra e né di sinistra. Nacquero i circoli di Di Pietro, durante il Natale venivano esposti striscioni luminosi con il suo nome. Questo perché avevamo chiesto alla magistratura di tirarci fuori da questa roba. 25 anni fa non capimmo bene come connetterci a quella storia. Vivevamo la corruzione come fosse qualcosa venuta dallo spazio e, a un certo punto, dovevamo trovare il modo per liberarcene».

    Ferrante pone l’accento anche su come si sia “evoluto” il meccanismo corruttivo da quegli anni ad oggi: «Si sapeva che i partiti, soprattutto i più grandi, prendevano un certo tot, le cose venivano gestite in un certo modo, quindi era una corruzione “chiara”. Oggi è diventata qualcosa di più liquido, che può infiltrarsi dappertutto, perché sono saltate le regole della Prima Repubblica, con partiti forti ed intermediari forti. Oggi le “regole” della corruzione si riscrivono tutte le volte in cui c’è la possibilità di farlo. Per combatterla occorre una politica forte, da considerarsi un valore». E in questo senso viene ricordato l’episodio in cui Giuseppe Di Vittorio, alla vigilia di Natale del 1920, rifiutò un regalo scrivendo nelle motivazioni che «non basta l’intimo convincimento di essere delle brave persone, ci vuole anche la dimostrazione esteriore». Un altro punto che sta a cuore al referente anticorruzione è quello per cui non bisogna darla vinta a quella parte infetta del sistema che, per autolegittimarsi e spuntare le armi di chi la contrasta, fa passare il concetto secondo cui, in fin dei conti, «la corruzione è nel nostro DNA». Infine, Ferrante illustra chi sia e quale ruolo debba svolgere il modello di cittadino che il suo libro propone: «Il cittadino monitorante non dev’essere l’esperto di tutto, ma è come un bambino curioso, capace di far sempre domande. È un cittadino che chiede conto, non in merito di scelte politiche, ma di trasparenza, su come vengano gestiti i soldi pubblici, gli appalti. Solo successivamente si può fare un ragionamento politico, ma il cittadino monitorante non fa politica partitica. In tal caso, non è più monitorante ma diventa monitorato».

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    Quello della prevenzione e del contrasto del cancro corruttivo è un tema che il cittadino contemporaneo non può più esimersi dal sentire suo. E ad ulteriore testimonianza di questo è bene citare un estratto della prefazione del libro, firmata da don Luigi Ciotti: «Lottare contro la corruzione è impegnarsi per costruire quel progresso materiale e spirituale, ossia per affermare i più importanti beni comuni: la nostra libertà e dignità di persone».

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