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    Blitz “Last day”, intercettazioni e dettagli. Il progetto della rapina milionaria

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    «Poi dopo aver fatto il lavoro ci dobbiamo andare a ritirare, non possiamo camminare tutti e sette, uno, due e tre con le macchine, se ci fermano hai capito che teniamo…rapina, rapina…rapina. Questi qua hanno fatto la rapina lì. No, che scendi: io ci resto pure due mesi, a me non me frega niente, una volta che tengo i soldi io mi addormento coi soldi. Allora perché dobbiamo trovare una casa, un posto tranquillo, cioé chi ci viene a portare il mangiare, che noi non usciamo da là». Così parlava il foggiano Angelo Carbone, senza sapere d’essere intercettato dalle microspie della Polizia, organizzando le fasi della rapina, la fuga subito dopo («dopo aver fatto il lavoro ci dobbiamo andare a ritirare»), il lungo ritiro in terra straniera («dobbiamo trovare un posto tranquillo che non usciamo da là»). Parlava Carbone e «sognava» la rapina della vita, quella che avrebbe fruttato milioni e milioni di euro con l’assalto ad un furgone portavalori da mettere a segno vicino Coblenza, in Germania. Sogno rimasto tale perché gli investigatori italiani e tedeschi sulle tracce della presunta banda di foggiani e campani sventarono il presunto progetto. E’ quanto sostengono poliziotti, Procura di Nocera Inferiore e gip del Tribunale campano nell’inchiesta «Last day» sfociata 48 ore in 17 arresti sull’asse Campania-Capitanata che coinvolge anche 7 foggiani e 2 cerignolani accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata a rapine banche e assaltare portavalori; tentato omicidio; 4 rapine a segno e 1 tentata tra Foggia e Campania dal febbraio al luglio scorsi; armi anche da guerra; ricettazione d’auto.

    Angelo Carbone insieme al concittadino Antonio De Sandi ed ai campani Domenico Cocco e Salvatore Della Ratta è ritenuto uno dei capi promotori dell’associazione per delinquere. Un’indagine in sei fasi – scrive il gip Paolo Valiante nelle quasi 700 pagine della ordinanza cautelare piene di intercettazioni e fotogrammi – quella partita il 20 febbraio scorso dopo una rapina da 78 mila euro a Fisciano (Salerno) e che ha portato a individuare una presunta banda di campani e foggiani che programmava per maggio un assalto con Kalashnikov ad un blindato nella Renania. In seguito alla rapina di Fisciano le attenzioni della squadra mobile salernitana si concentrarono su Cocco, quindi l’attenzione investigativa sulla scorta di intercettazioni si rivolse al foggiano Carbone. Da queste prime fasi investigative emerse «l’esistenza di un sodalizio criminale stabile specializzato in rapine a portavalori radicato tre le province salernitana e foggiana; e si disvelò» scrive il gip «un importante piano criminale strutturato che l’organizzazione nel mese di maggio aveva progettato e da eseguirsi all’estero. Furono infatti raccolti elementi precisi e univoci circa il finanziamento, la progettazione, la pianificazione e l’esecuzione di atti idonei a compiere un assalto armato in Germania ai danni di un blindato, attraverso l’utilizzo di armi pesanti, sofisticati congegni elettronici, auto e mezzi pesanti».

    Fu «in questa fase delle indagini che furono raccolte» prosegue l’analisi del gip» precise e dettagliate informazioni sulla pianificazione della rapina all’estero» (trasferta, sopralluogo, reperimento di soldi) «alla quale avrebbero preso parti tutte le componenti del gruppo: cioè i foggiani, i salernitani e i partenopei ognuno con compiti precisi e contributi fattivi. Il colpo doveva essere attuato con la complicità di soggetti residenti a Verona e due albanesi, uno dei quali residente in Germania ex guardia giurata della società di vigilanza probabile obiettivo del commando». Uno dei centri operativi della presunta base sarebbe oltre alla casa di Cocco a Scafati anche il chiosco di via Fini a Foggia – dice l’accusa – gestito da Antonio De Sandi, 68 anni, rapinatore di spessore, ferito misteriosamente in un agguato sotto casa la sera del 28 settembre scorso. «Il manufatto in muratura e lamiera gestito da De Sandi» scrive il gip «si è dimostrato essere utilizzato per tenere summit e stringere accordi tra gli addetti e una pletora di “operai” che nel gergo dell’organizzazione criminale vuol dire rapinatori utilizzati per le fasi operative dei singoli colpi da compiere. Gli incontri al chiosco della parte pugliese dell’associazione per delinquere, sono risultati prodromici alla definizione di ulteriori e nuove azioni criminose da compiere, che di volta in volta vengono condivise sempre con la parte campana dell’organizzazione presso la residente di Cocco».

    I RUOLI Il reato di associazione per delinquere finalizzato a rapinare banche e assaltare portavalori viene contestato dalla Procura di Nocera Inferiore, che ha coordinato le indagini delle squadre mobili di Foggia e Salerno e dello «Sco», a 18 dei 22 indagati complessivi dell’inchiesta «Last day». L’indagine partita lo scorso febbraio è sfociata 48 ore nell’emissione di 19 ordinanze cautelari da parte del gip (9 in carcere, 8 ai domiciliari, un obbligo di dimora, un obbligo di firma), mentre altre 3 persone sono indagate a piede libero. Ecco i ruoli attribuiti dalla Procura campana ai foggiani e cerignolani. Angelo Carbone, foggiano, finito in carcere (l’ordinanza gli è stata notificata in cella dov’era già detenuto dal 24 agosto quando fu arrestato per altre vicende nel capoluogo dauno), considerato uno dei capi dell’associazione «manteneva i contatti con ciascuno dei sodali, organizzando le singole azioni criminali, selezionando gli obiettivi, compulsando i basisti, procurandosi la provvista di denaro per acquistare mezzi e beni strumentali per la realizzazione delle rapine, acquistando documenti falsi e apparecchiature elettroniche tese inequivocabilmente al compimento di delitti di natura predatoria, partecipando inoltre ai sopralluoghi sugli obiettivi di volta in volta presi di mira dal sodalizio, prendendo poi parte alle singole rapine».

    Antonio De Sandi, foggiano, finito in carcere dopo essere rimasto vittima a fine settembre di un misterioso agguato sotto casa quando fu ferito ad un braccio da un colpo di pistola, è a sua volta ritenuto tra i capi promotori. De Sandi «partecipava attivamente alla realizzazione dei singoli reati, effettuando il reclutamento dei soggetti provenienti in prevalenza dall’area criminale di Cerignola da utilizzare per le singole rapine con compiti meramente esecutivi; gestiva inoltre il luogo di incontro di alcuni sodali presso un chiosco di sua proprietà, partecipando alle riunioni e detenendo parte della cassa comune, occultando materiali e veicoli necessari per le rapine». Pasquale Pecorella, foggiano residente vicino Verona, finito in carcere «forniva ai sodali informazioni sui colpi da realizzare, talora indicando possibili obiettivi e in altre occasioni fungendo da intermediario tra l’albanese Lorenc Huqi e De Sandi: si procurava e consegnava al gruppo la strumentazione elettrica tesa a inibire i segnali radio ad ampio spetto di frequenza (cosiddetti jammer) per interferire su sistemi di allarme; forniva anche informazioni su come usarli; si procurava e spediva ai correi schede telefoniche intestate a stranieri o soggetti inesistenti; e procurava al sodalizio documenti falsi (carte d’identità, targhe d’auto, bollini da apporre sui veicoli stranieri) utilizzati dall’associazione».

    Angelo Pugliese, cerignolano residente a Foggia, finito in carcere, «partecipava alla realizzazione dei singoli reati ed effettuava il reclutamento di soggetti cerignolani da utilizzare con compiti meramente esecutivi per i singoli reati, denominati dai membri del gruppo con il termine “operai”». Ciro Bruno, foggiano posto ai domiciliari e Francesco Cucchiarale, cerignolano anche lui finito ai domiciliari (ma non per il reato associativo) «agivano quale esecutori dei reati scopo». Giancarlo Valerio D’Abramo, cerignolano finito in carcere, «sostituì Carbone all’indomani del suo arresto» (24 agosto 2017 ndr) «quale membro di spicco dell’associazione, fungendo da punto di contatto tra la componente campana e quella pugliese del gruppo, prendendo parte all’organizzazione di una nuova rapina da commettere in Campania». Maurizio Nicola Lorenzo Correra, foggiano finito ai domiciliari «partecipava alle riunione del gruppo incontrandosi a più riprese con Luigi Delli Carri» (foggiano pure finito ai domiciliari con l’accusa di essere partecipe dell’associazione per delinquere) «e De Sandi presso il chiosco di quest’ultimo, prendendo parte alla progettazione e alle fasi preparative dei colpi».

    tratto da
    La Gazzetta del Mezzogiorno

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