La città simbolo del basso tavoliere è anche il simbolo, troppo spesso e a vario titolo, del crimine organizzato, quello che diversifica l’attività, che primeggia nelle varie specialità, che fa parlare di sé anche fuori dai confini cittadini. Di mafia e criminalità abbiamo parlato con Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, uomo dello Stato che già a poche ore dall’omicidio di San Marco in Lamis aveva varcato i confini pugliesi per partecipare al vertice tenutosi in Prefettura. In quell’occasione Roberti dichiarò pubblicamente che negli anni si è troppo sottovalutato il fenomeno mafioso di questa terra, permettendogli quasi lecitamente di proliferare e ramificarsi sul territorio.
L’INTERVISTA In occasione della sua partecipazione alla Fiera del Libro di Cerignola abbiamo chiesto al procuratore cosa fa oggi lo stato per non sottovalutare più le mafie di Capitanata? «Lo stato, seguendo anche le indicazioni della Magistratura, sta rafforzando le strutture investigative sul territorio sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo, cioè di specializzazione professionale delle forze dell’ordine. Questo sta facendo e questo è quello che deve fare».
Ritiene ci siano attenzioni anche su Cerignola? «Su San Severo, Foggia e Cerignola, con Vieste e Monte Sant’Angelo, c’è un occhio particolare dello Stato. L’impegno è non far venir meno quest’attenzione in futuro, perché purtroppo è accaduto già altre volte che magari sulla scorta di eventi gravi si accendono i riflettori per poi magari spegnerli a distanza di tempo. Questo non deve più avvenire».
Si sono diffuse indiscrezioni circa possibili infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni di alcuni comuni di questo territorio, tra cui, si è appreso dalle colonne di Repubblica, anche Cerignola. «Non è una domanda a cui posso rispondere. Comprende bene che non lo direi».
Ma conferma che, a parte la Capitanata, proprio su Cerignola c’è un occhio particolare dello Stato? «Certo».