Maxi-risarcimento per moglie e 3 figli dell’ex boss della mafia cerignolana Giovanni Ferraro, morto a 40 anni nel febbraio 2001 nel carcere di Parma, dove scontava una condanna a una dozzina di anni per mafia e droga inflittagli nel maxi-processo «Cartagine» alla criminalità organizzata del basso Tavoliere. Il giudice monocratico del Tribunale civile di Roma ha condannato il ministero della Giustizia a pagare una somma ingente – i legali della famiglia non rivelano a quanto ammonti – accogliendo la tesi della famiglia Ferraro e dei difensori, secondo i quali il detenuto fu curato male, il che ne causò il decesso. Dopo 8 anni emessa la sentenza di primo grado al termine del processo civile contro il ministero della Giustizia, cui fa capo il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. L’Avvocatura dello Stato per conto del ministero chiedeva il rigetto delle richieste degli avvocati Francesco Santangelo, Marcello Coletta e Raffaele Di Bisceglie.

«Chiaramente siamo soddisfatti della decisione del giudice immediatamente esecutiva» commenta l’avv. Santangelo: «non so se ci sarà appello: so che se entro 120 giorni il ministero non verserà quanto disposto dal giudice, partiremo con i pignoramenti di beni. Riteniamo che finalmente si sia fatta giustizia pur se c’è voluto tempo, è per questo che la famiglia è soddisfatta». Giovanni Ferraro morì per una setticemia cardiaca, causata da una «infezione di scoagulamento del sangue». Il boss cerignolano (ancora adesso a distanza di 16 anni dalla morte, nelle mappe della criminalità si parla sempre di clan Piarulli-Ferraro) soffriva da tempo di problemi cardiaci, tanto da aver beneficiato a lungo dei domiciliari prima che la sentenza diventasse definitiva. «Quando tornò in carcere» commenta ancora l’avv. Santangelo «Ferraro inizialmente fu portato prima nel carcere di Fossombrone e poi in quello di Pisa, e non ci furono problemi. Poi ci fu il trasferimento a Parma dov’era detenuto da qualche mese quando morì. Ferraro proprio per i problemi cardiaci assumeva medicinali per la giusta coagulazione del sangue. In seguito ad un attacco febbrile in carcere gli fu somministrata aspirina che ebbe l’effetto contrario a quello dei medicinali che assumeva: dopo sette giorni morì in cella. Di lì ad un anno sarebbe tornato in libertà per aver espiato la pena». La famiglia Ferraro sin dal primo momento denunciò che il detenuto poteva e doveva essere salvato. «Moglie e figlia si recarono a colloquio a Parma e trovarono che il familiare stava male, non era in sé, vaneggiava. Fui subito informato telefonicamente» ricorda l’avv. Santangelo «delle condizioni di Ferraro, contattai subito il magistrato di sorveglianza di Bologna, competente per Parma, che dispose accertamenti: a Ferraro fu prelevato sangue in carcere per le analisi che furono effettuate in laboratori esterni; dopo pochi giorni morì in seguito ad una setticemia cardiaca. Nel citare in giudizio il ministero di Giustizia abbiamo allegato anche consulenze mediche che secondo noi dimostravano che Ferraro non fu curato al meglio. Anche il giudice nel corso del processo ha disposto una perizia medica. All’esito del giudizio le nostre richieste sono state accolte, il ministero dovrà risarcire i danni alla moglie e ai tre figli di Ferraro».

CHI ERA | Era al vertice di clan vincente

Giovanni Ferraro, cerignolano classe ‘61 morto nei primi mesi del 2001 nel carcere di Parma, era ritenuto al vertice del clan vincente su Cerignola, quello denominato appunto Piarulli-Ferraro. Se i fratelli Piarulli, cerignolani residenti a Milano, erano ritenuti il punto di riferimento nel Nord Italia della mafia cerignolana anche per gli approvvigionamenti di droga, Giovanni Ferraro ed altri suoi «pari grado» costituivano il cosiddetto «gruppo dei grandi» che comandava a Cerignola negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. È quanto sosteneva l’inchiesta «Cartagine» di Procura foggiana, Dda e carabinieri sfociata nel blitz del 17 giugno del ‘94 con l’emissione di 83 ordinanze cautelari per omicidi, mafia, associazione per delinquere semplice, estorsioni e sequestri di persona.

Decisive furono le rivelazioni dei primi tre pentiti della storia della mafia Cerignola che usciti sconfitti nei primi mesi del ‘94 dalla guerra scatenata contro gli storici rivali e gli ex alleati diventati nemici, decisero di collaborare con la Giustizia: a quelle rivelazioni si sarebbero aggiunte a processo di primo grado in corso, nel ‘96, le rivelazioni di altri 3 pentiti. Da allora – e sono passati 21 anni – la mafia cerignolana è tornata impenetrabile. Il maxi-processo Cartagine, iniziato nel ‘95, si concluse in corte d’assise a Foggia il 21 febbraio del ‘97 con 7 assoluzioni e 57 condanne per complessivi 843 anni ed 8 mesi di reclusione, cui aggiungere ben 15 ergastoli per 5 omicidi. Giovanni Ferraro, che aveva partecipato a numerose udienze in una autolettiga e che era ai domiciliari per motivi di salute il giorno del verdetto di primo grado, fu condannato a 24 anni e 6 mesi per associazione mafiosa e traffico di droga; ed assolto da 4 omicidi, tra cui il triplice omicidio di tre giovani sequestrati, picchiati e buttati in un pozzo il 12 marzo del ‘92. Il processo di secondo grado si concluse in corte d’assise d’appello a Bari il 4 luglio del ‘98 con 7 assoluzioni e 53 condanne per complessivi 895 anni e 6 mesi di reclusione, con gli ergastoli «ridotti» a 9 rispetto ai 15 del giudizio di primo grado; Ferraro si vide confermata la sentenza di primo grado con condanna a 24 anni e 6 mesi per mafia e droga (le assoluzioni per gli omicidi erano già diventate definitive).

La parola fine all’inchiesta «Cartagine» la mise la quinta sezione della Corte di Cassazione il 22 giugno del 2000 esaminando la posizione di 49 imputati: 33 ricorsi furono rigettati con la conferma delle condanne inflitte in appello; per 2 imputati scattò la prescrizione perché imputati di reati minori; mentre i restanti 14 patteggiarono (all’epoca era possibile farlo davanti alla Suprema Corte) riduzioni di pene, tra questi anche Ferraro che si vide ridurre la condanna ad una dozzina di anni.

da LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Redazione Cronaca Foggia
Ed. dell’8.6.2017

6 COMMENTS

    • che paura la bugl d mamt.una persona normale che è stata vittima della malagiustizia e malasanità

      • ma certo……….bos mafioso……..quante persone ha fatto piangere questo elemento.
        Ogniuno ha la morte che si merita.
        Malagiustizia????????? ma con che coraggio fai certe affermazioni?

        • ma che mafioso e mafioso che era stato assolto da infamanti accuse che non centrava un accidenti.poi un po di rispetto per una persona che è venuta a mancare ai suoi cari.aveva un animo nobile.r.i.p.giova

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