Una storia di disagio, di incomprensioni e di invisibilità secondo chi lo conosceva. Potito S. nel pomeriggio di ieri ha deciso di mettere fine alla sua esistenza, dandosi fuoco -almeno questo trapela dalle prime testimonianze – lontano dalla città, in campagna, lontano da quel paese che non aveva ascoltato il suo grido d’aiuto. Non nuovo a gesti estremi, il 36enne cerignolano, viveva uno stato di disagio e depressione, probabilmente causato da ciò che non riusciva ad esternare, a rendere pubblico, a vedere accettato. Ha detto basta nel più tragico dei modi. A ritrovarlo carbonizzato nel tardo pomeriggio di ieri, 3 giugno, un familiare recatosi nel podere di proprietà. Sotto shock i parenti, ma anche l’intera comunità cittadina. Ritorna all’attenzione dei più la condizione di disagio che in molti – anche giovani – vivono a Cerignola. Stati depressivi, orientamento sessuale e psicosi ai quali il locale CIM (Centro di Igiene Mentale), con sforzo, prova a offrire supporto. Una realtà sommersa che viene a galla solo in casi eclatanti, quando oramai non si può fare più nulla: come avvenne nel 2015, in occasione del suicidio del quarantenne Antonio Intellicato, o come è accaduto ieri con la morte di Potito.
UN PAESE INDIFFERENTE A TUTTO, POSSIBILE?
aiutare gli altri è la cosa che più di tutte da soddisfazione nella vita.
ognuno pensa solo a se stesso.le autorità competenti se ne infischiano pure.che vita di m….
R.I.P. brava persona!