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    Feltri contro i pugliesi: «Vadano a lavorare la terra senza aspettare gli immigrati al posto loro»

    Fanno discutere le affermazioni del direttore de “Il Giornale” su Rete4

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    Con l’arrivo di agosto e della pausa estiva solitamente il dibattito politico si scioglie sotto i raggi del solleone con l’opinione pubblica che si prende le meritate ferie. Ma dopo la campagna elettorale di quest’anno, l’incertezza politica e i primi mesi del governo gialloverde sembra difficile che quest’anno la fibrillazione possa sopirsi facilmente e a darne la dimostrazione è stato uno dei fuoriclasse della polemica italiana, Vittorio Feltri. Nulla di nuovo considerando il personaggio, ma stavolta la questione ci riguarda molto da vicino. Nel corso della puntata di “Stasera Italia” del 27 luglio su Rete4, il direttore di “Libero” si è lasciato andare ad una considerazione poco lusinghiera sui Pugliesi, tra l’altro al cospetto del Governatore Michele Emiliano: «Pare che la Puglia abbia un alto tasso di disoccupazione. E allora io dico ai disoccupati pugliesi: invece di stare a casa a grattarsi le palle (sic!), vadano a raccogliere le olive e a lavorare la terra senza avere bisogno che arrivino dei negri a lavorare per conto loro. E’ una cosa indecente». Queste le parole poi ribadite in un post su Facebook, dove la polemica è definitivamente esplosa.

    La constatazione di Feltri, per quanto sguaiata, si può accogliere, ma solo fino al primo punto. Le rilevazioni ISTAT infatti indicano un tasso di disoccupazione in Puglia pari al 18,8% della popolazione in età da lavoro – mentre nella provincia di Foggia il dato si attesta all’17,1% – con la disoccupazione giovanile che si attesta attorno al 51% e la percentuale di NEET (giovani tra i 15 e i 29 anni non occupati ne inseriti in alcun percorso di formazione e lavorativo) attorno al 33%. Dati certo non positivi, ma che non giustificano le parole di Feltri, che accusa un’intera categoria di essere “fannullona”, quando invece anch’egli sa benissimo che il problema non sta nella presunta scarsa voglia di lavorare dei Pugliesi ma nella mancanza di domanda, la complessità del mercato, l’assenza di capitale da investire in assunzioni, in fattori, come ad esempio la criminalità organizzata (i rapporti semestrali DIA parlano chiaro), che influiscono negativamente sul territorio. Ma fa parte della retorica populista semplificare la realtà per creare il caso mediatico e politico.

    Già, perché dal secondo rigo in poi le parole di Feltri sono nient’altro che la solita narrazione che una certa destra ha fatto del Sud e degli immigrati (prima uno, poi l’altro o addirittura entrambi contemporaneamente) il proprio bersaglio. «Vadano a raccogliere le olive e a lavorare la terra senza avere bisogno che arrivino dei negri a lavorare per conto loro». Parlare con questa leggerezza del lavoro nei campi significa poi tralasciare completamente il fenomeno del caporalato, un sistema per cui, italiano o senegalese che tu sia, sei ugualmente schiavo. Non sono infatti solo i “negri” – come gli definisce Feltri – le vittime, ma anche tanti italiani (si ricordi il dramma di Paola Clemente) che a partire dal primo pomeriggio si radunano nelle piazze dei nostri paesi nella speranza di trovare il caporale che gli offra la (sotto)paga di una giornata di 12 ore di lavoro passate a spezzarsi la schiena sotto il sole, senza i requisiti minimi di sicurezza. Proprio la Capitanata è la capitale dei ghetti – Borgo Mezzanone, Tre Titoli, il “Gran Ghetto” di Rignano demolito nel 2012 per citarne alcuni – in cui vengono stipati e tenuti in condizioni disumane centinaia di immigrati che di certo non sono i Pugliesi a volere che occupino il loro posto nei campi ma le agromafie, che impongono ai produttori prezzi di acquisto all’ingrosso della materia prima – pomodori in primis – così bassi da risultare spesso al di sotto delle spese necessarie per produrli; cosicché queste ecomafie diventano capaci di creare un sistema così radicato che creare una filiera trasparente è davvero un compito davvero arduo e al contempo un atto di coraggio. Anziché quindi pontificare dall’alto e parlare evidentemente senza cognizione di causa, sarebbe molto più produttivo rivolgere il proprio appello a chi (la politica), facendo scelte anche coraggiose, dovrebbe mettere in campo gli strumenti per combattere le piaghe di un’intera regione.

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