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    Ottobre rosso per i reati: Cerignola nuovamente sotto attacco della criminalità?

    Ben 10 episodi nell’arco del mese appena trascorso. Ecco come reagiscono inquirenti, Istituzioni e Antimafia sociale

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    Quello che Cerignola si lascia alle spalle è un mese di ottobre a dir poco turbolento, col susseguirsi di una serie di episodi criminali che hanno messo a dura prova la cittadinanza e le forze dell’ordine. Un assalto ad un tir, ben sette rapine ad autogrill e attività commerciali, un ordigno esploso e un’auto incendiata. Il tutto avvenuto tra il 2 e il 31 ottobre. Una spirale di violenza che, per la frequenza dei fatti ha riportato alla mente le “esplosive” giornate di fine 2017 ma che sembra tuttavia essere (stranamente) passata in secondo piano nel dibattito, forse sintomo di una certa rassegnazione fra la gente che porta a considerare episodi come questi la normalità. Le uniche voci di esasperata protesta sono state quelle dei dipendenti della stazione autogrill sulla A16, vittime di due assalti nel giro di pochi giorni.

    Come spiega però ai microfoni de lanotiziaweb.it il vice questore aggiunto del commissariato di Cerignola dott.ssa Loreta Colasuonno, siamo lontani dai livelli di criticità di fine anno scorso: «Abbiamo sempre assistito a momenti ciclici di recrudescenza della criminalità. Sarebbe una forzatura dire che siamo nuovamente sotto attacco, ma stiamo soffrendo una pressione cui stiamo rispondendo con le armi investigative e repressive». Che lo Stato sia comunque vigile e pronto a rispondere ne sono dimostrazione l’arresto del latitante Francesco Direda il 25 ottobre e soprattutto l’operazione “Touch Down” che lo scorso 19 ottobre ha smantellato una banda composta da cinque cerignolani che terrorizzava i commercianti con rapine e assalti a tabaccherie e gioiellerie. Non è di certo passato in secondo piano invece il duro colpo inferto lo scorso 26 settembre al clan “Ditommaso”, consorteria criminale egemone sul territorio assieme a quella “Piarulli-Ferraro”. Nell’operazione coordinata dalla DDA di Bari finirono in manette Stefano Ditommaso e suo nipote Antonio Rubbio, ritenuti i vertici del clan. L’episodio, che ha rivelato all’opinione pubblica la sfrontatezza e la violenza nell’agire del clan, sembra essere l’incipit di questo ottobre caldo. È possibile che esista un collegamento tra il duro colpo inferto al clan “Taddone” e la serie di episodi delle ultime settimane?

    Gli inquirenti sembrano escludere tale ipotesi: «Siamo portati a distinguere le due situazioni anche se tutto è possibile – spiega la dott.ssa Colasuonno -. Assistiamo a questo fenomeno delle rapine e degli assalti in una zona circoscritta e diversa da quella che ha da sempre interessato il clan Ditommaso, avvezzo a muoversi nei suoi ambienti». Dalle ricostruzioni fornite da Polizia e Carabinieri riguardo le operazioni svolte nel fortino del clan Ditommaso, il rione “Gran Sasso” – situato nel popoloso quartiere “San Samuele” -, emerge come in più occasioni i capi clan abbiano goduto dell’appoggio dei residenti. Destò particolare scalpore l’episodio avvenuto nella notte di Natale dello scorso anno quando due volanti dei Carabinieri vennero accerchiate da numerosi residenti della zona che arrivarono a minacciare di morte i militi, mentre addirittura donne e bambini opposero resistenza passiva consentendo ai ricercati di mettersi in fuga. Un quadro che rispecchia appieno il clima di omertà e connivenza che si respira alcuni ambienti, cui però il cittadino onesto non può e non deve arrendersi. A tal proposito abbiamo chiesto un’opinione al referente del presidio cittadino di Libera Gaetano Panunzio: «Esistono due parole che tra loro hanno una stretta relazione: azione e responsabilità. Ecco, credo che occorra cominciare a parlare in maniera importante di responsabilità – sostiene -. Essa deve essere alla base del nostro agire in ogni singolo momento della giornata. Ognuno deve sentirsi quindi responsabile e corresponsabile». Fare squadra è il primo passo per costruire un futuro e una prospettiva alternativa a quello del silenzio e dell’omertà: «L’ingente lavoro delle forze dell’ordine, delle Istituzioni, insieme all’attività che viene fatta dai singoli, dalle associazioni e dalle cooperative, come ad esempio quelle che agiscono sui beni confiscati, devono rappresentare il DNA di un noi che deve dare coraggio e speranza soprattutto ai più giovani, lontano dai personalismi che attanagliano la nostra società».

    Qualche passo in avanti in tal senso si registra a livello delle Istituzioni, spesso accusate di essere poco incisive sul tema della legalità, con la nascita della Consulta Provinciale per la legalità, ente che mette in rete tutti gli attori, incluso il comune di Cerignola. «La Consulta è uno strumento, spero efficace, di promozione della cultura della legalità. Un luogo di partecipazione in cui istituzioni e organizzazioni sociali e civiche si confrontano sulle azioni da adottare per ottenere la diffusione e il radicamento, soprattutto tra i più giovani, della cultura dei diritti e dei doveri – spiega ai nostri microfoni il Vice Sindaco Rino Pezzano -. È un pezzo della strategia dell’antimafia sociale che ci impegniamo a praticare con l’intento di migliorare la nostra capacità di governare la città e la qualità delle relazioni all’interno della nostra comunità». Non di certo la soluzione pratica al complesso problema della legalità che attanaglia, ma un sistema che se applicato con serietà, supportato dalla responsabilità collettiva dei cittadini, invocata a gran voce da Libera, e coordinato con l’attività di polizia potrebbe finalmente portare alla sconfitta dell’illegalità sul fronte civile e giudiziario.

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