Si tratta della seconda pubblicazione firmata da Domenico Carbone, il volume “Cerignola, storie di palazzi, palazzi nella storia” che sarà presentato nella mattinata di domenica 22 alle 11,00 presso la Fiera del Libro di Cerignola. Oltre all’autore sarà presente il professor Trifone Gargano, in un momento realizzato grazie alla collaborazione tra Fiera e Club per l’Unesco di Cerignola. Un insieme di immagini e di recensioni dei palazzi più belli, delle dimore più pregiate, dei fabbricati di edilizia pubblica, delle piazze e dei luoghi che costituiscono una sorta di segnaletica, di atlante storiografico e sociale della città di Cerignola. Un lavoro di ricerca che vuole favorire la memoria, il ricordo delle vicende economiche, politiche e di costume delle famiglie che fanno tuttora vivere la storia della città. Una raccolta che serve a prolungare la “vista” di quei Palazzi nel tempo, a riecheggiare la loro storia, come a divenire fotogrammi di un’unica pellicola.

Cerignola di palazzi belli e importanti ne ha tanti. Al loro interno, ma non solo, la storia di una comunità e dei suoi protagonisti. A far da contorno anche qualche vicenda curiosa, quasi leggenda. Carbone cita Lucien Febvre, famoso storico francese del ‘900, che sintetizzava la magia che aleggia sui palazzi, sulle strade e sulle vicende di una città. «Nulla più che la storia delle strade e dei palazzi influisce sul destino delle città» diceva. Questo l’intento del volume, appassionante ed utile per compiere un viaggio consapevole per le strade di Cerignola.

In quarta di copertina l’autore fornisce dettagli tecnici che già incuriosiscono il lettore. «La espansione edilizia dalla Terra vecchia nel pomerio e poi verso zone limitrofe – si legge – ha seguito criteri come quello dello spazio, della luce, della visibilità fino all’autoreferenzialità. Ne consegue che strade e palazzi costruiti in tempi moderni sono stati intesi fin dal principio come nuova urbanità e non come propaggini dell’antico borgo. Va anche detto che il passaggio abitativo non si svolse nel tempo in modo uniforme, perché nel ceto medio avvenne con il trasferimento in più case intercomunicanti a pianterreno e in fabbricati aventi l’orto accluso, ovvero in palazzotti monofamiliari, mentre i possidenti e la emergente borghesia costruivano nei pressi di siti d’interesse pubblico, come il municipio, il Piano delle Fosse, l’ospedale. Né può sorprendere, allo stesso riguardo, la diffusa presenza di generi architettonici diversi, ma conciliati in una visione eclettica che conferisce loro un gradevole coordinamento, se non armonia. Urgono infine precisazioni. Sono stati scelti, fra i tanti, i palazzi e le dimore che sono portatori – oltre che di pregio architettonico – anche di vicende familiari che si sono riversate nella storia della città. Sono anche presenti spazi pubblici e plessi residenziali distintivi o costitutivi della combinata forma urbis e forma agri della città e della sua complessiva diacronia urbana».