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    Da Zemanlandia all’Atalanta: l’evoluzione del calcio

    Cambiano i tempi e i maestri, il Made in Italy in cerca di identità

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    Correvano gli anni ‘90, i Mondiali in Italia si erano appena disputati, lasciandoci tanto amaro in bocca ma altrettanto orgoglio per una spedizione che era andata ad un passo da una finale che sarebbe stata leggenda. In quel periodo le squadre italiane la facevano da padrona in Europa, tutte avevano il proprio posto e non solo le solite milanesi o Juventus: Atalanta, Cagliari, Torino, Parma e Udinese fino addirittura al Vicenza vivevano i propri momenti di gloria fra l’ex Coppa Uefa e la Coppa delle Coppe. Nel mentre, in Italia, c’era davvero qualcuno di totalmente inaspettato che avrebbe segnato un’epoca indimenticabile del calcio italiano: il Foggia di Zeman. Una squadra capace di divertire e segnare il corso dei tempi come poche altre nella storia del calcio nostrano ma non solo, fonte di ispirazione per tanti allenatori anche oltre confine, con numerosi seguaci che nel Bel Paese avrebbero visto e rivisto quelle immagini in videocassetta. Il Foggia di Rambaudi e Signori, di Baiano ma soprattutto di quel tecnico boemo che avrebbe saputo entusiasmare e dividere in due la critica come pochi, fra amore e odio, benevolenza e ostracismo puro.

    Era il Made in Italy che avanzava, come oltre vent’anni dopo avrebbe fatto l’Atalanta di Gasperini: squadra simile a quella pugliese nel modo di intendere il calcio, dove la miglior difesa è l’attacco, dove la pressione e l’aggressività nella metà campo avversaria sono dei must indelebili, ma con una grande differenza: la passione per l’esterofilia. Un cambiamento ideologico forte e ben spiegato da una inchiesta sul calcio moderno dell’ultimo decennio, che mette in mostra un’Italia amante come pochi altri Paesi di ciò che è nel giardino accanto. Roma e Genoa negli ultimi dieci anni sono, secondo i dati elaborati dal sito di scommesse sportive bwin, le squadre che più di ogni altra nel Vecchio Continente hanno ospitato giocatori di nazionalità diverse, ben 36 e 37 rispettivamente: un dato incredibile se confrontato ad esempio con quello dell’Atlethic Bilbao, noto per la sua filosofia nazionalista, capace di far indossare la maglia basca solamente a giocatori di 2 nazionalità differenti.

    Da Foggia a Bergamo, da una forte impronta italiana ad una più esterofila, ma con un comune denominatore purtroppo in disuso di recente, anche in un vivaio florido come quello atalantino: la poca fiducia verso i giovani prodotti dal vivaio. Abbiamo ben quattro delle cinque squadre in Europa che negli ultimi dieci anni ci hanno creduto meno, provenienti dalla Serie A: sono Inter, Lazio, Udinese e Napoli. Tutte che hanno concesso fra il 2 e il 3% del minutaggio totale a calciatori provenienti dal proprio settore giovanile, un vero paradosso soprattutto pensando ai nerazzurri e ai risultati ottimi maturati in Italia ed Europa con i propri ragazzi. Dopo 25 anni un’altra bella favola è stata scritta dal calcio italiano con Gasperini, sperando che la prossima possa avere un marchio italiano ancor più marcato nei suoi giovani componenti.

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