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    Killer ergastolano di Cerignola accoltella 79enne al San Raffaele di Milano. Cianci, in carcere dal ‘79, si trovava in permesso premio

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    Il fatto è accaduto ieri pomeriggio nel seminterrato dell’ospedale San Raffaele a Milano quando Antonio Cianci, originario di Cerignola ed ergastolano dal 1979, ha accoltellato mentre si trovava in permesso premio un 79enne nel tentativo di rapinarlo. L’aggressione è avvenuta attorno alle 17.40. L’anziano, che si trovava al San Raffaele per trovare la figlia ricoverata, si era allontanato per prendere un caffè ai distributori automatici, ma per errore era finito al piano meno uno della struttura. Lì l’incontro con Antonio Cianci che, col volto travisato da una mascherina, ha dapprima intimato alla sua vittima di consegnarli il denaro e poi, difronte alla resistenza dell’uomo, lo ha accoltellato alla gola con un taglierino per poi fuggire con il cellulare ed il portafoglio della vittima. Il 79enne dopo aver subito l’aggressione ha strisciato per alcuni metri lungo il corridoio per poi essere soccorso da un altro visitatore e dagli operatori presenti. Operato d’urgenza, si è salvato per una questione di centimetri. La lama infatti ha soltanto sfiorato la carotide.

    La fuga di Cianci non è stata lunga. È stato catturato venti dopo presso la fermata della stazione metro Cascina Gobba da due agenti di una volante in servizio senza che opponesse alcuna resistenza. Le forze dell’ordine lo hanno trovato con i vestiti ancora macchiati di sangue, con ancora addosso la mascherina, nelle tasche il taglierino e la refurtiva. Condotto poi in Questura per l’interrogatorio non ha risposto alle domande degli inquirenti.

    CHI È ANTONIO CIANCI

    Nato a Cerignola nel 1959, Antonio Cianci si trasferisce a Pioltello, nell’hinterland milanese, nel 1964 assieme alla madre e alla sorella. In quel contesto frequenta le scuole e trova anche lavoro come operaio. Contemporaneamente però sviluppa anche una passione per le armi e, sebbene gli ambienti criminali lo tenessero a distanza perché lo consideravano una “testa calda”, un’attrazione verso quel mondo che lo porta, a soli 15 anni, a commettere il suo primo omicidio. Era il 17 ottobre 1974, Cianci spara tre colpi di pistola contro Gabriele Mattetti, 29 anni, studente universitario che lavorava come metronotte in una fabbrica. Evita il carcere a causa della giovane età. Era ancora sotto osservazione delle forze dell’ordine quando cinque anni dopo, il 9 ottobre 1979, uccide a Liscate il maresciallo Michele Campagnuolo, l’appuntato Pietro Lia e il carabiniere Federico Tempini che lo avevano fermato a bordo di una Cinquecento rubata. Secondo le testimonianze raccolte all’epoca, dopo aver sparato ai tre militi con una calibro 7.65, aveva iniziato a frugare sui cadaveri delle sue vittime. Una volta arrestato, i magistrati non compresero mai le reali motivazioni di omicidi così brutali. Sta di fatto che Cianci nel 1979 viene condannato all’ergastolo, sentenza confermata in appello nel 1983 e poi in Cassazione.

    Nel corso degli anni trascorsi presso il carcere di Opera e poi a Bollate il killer non aveva mai creato problemi, anzi aiutava i compagni di cella per scrivere istanze e domande. Ad Antonio Cianci non era stata inflitta la pena dell’ergastolo ostativo (quello senza permessi premio, comminato a terroristi e mafiosi che non si pentono e non collaborano, ndr) ma di regime ordinario, tant’è vero che da settembre poteva usufruire di alcuni permessi. È stato proprio durante un “premio” di tre giorni, scattato sabato e concessogli per andare a trovare la sorella residente a Cernusco sul Naviglio, ha commesso l’aggressione al San Raffaele.

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