È qui, a Cerignola, la mafia più ricca e variegata per la propria capacità di ampliare e diversificare i propri interessi criminali, della Capitanata. «Nel basso Tavoliere, quella di Cerignola resta la realtà criminale strutturalmente più solida» rimarca la Direzione investigativa antimafia nella relazione al Parlamento sulla lotta ai clan nel primo semestre del 2018 «perché non risente delle ripercussioni dei riassetti e delle fibrillazioni in atto nelle vicine aree e, partendo da un forte e radicato controllo del proprio territorio, attua una strategia operativa di progressiva espansione verso altre aree. Infatti, la capacità di diversificare le attività illecite da cui provengono le ingenti risorse finanziarie e di sapersi rigenerare, dando continuità ai traffici illeciti, le ha permesso di affermarsi anche a livello nazionale. Quella cerignolana si connota come mafia degli affari» (al riguardo la Dia ricorda una serie di sequestri di beni per quasi 4 milioni eseguiti nella zona nel corso dei primi mesi del 2018) «svincolata dalla rigidità tipica delle strutture fondate sui vincoli di familiarità (aspetto peculiare delle mafie foggiana e garganica) e proiettata al raggiungimento di obiettivi a medio-lungo termine anche grazie, verosimilmente, all’esistenza di un organo decisionale condiviso, in grado di assoggettare in modo pragmatico il tessuto criminale, riducendo al minimo le frizioni».
«La pluralità delle attività della mafia cerignolana, spesso condotte con forme di pendolarismo» (ossia furti e rapine in tutta Italia) «costituiscono un valore aggiunto in termini sia finanziari che di carisma criminale nelle relazioni con le altre organizzazioni. Significativa al riguardo la operazione “Ocean’s Twelve” del febbraio 2018 dei Carabinieri con l’arresto di 10 persone per un tentativo di furto milionario ai danni del caveau di una società di trasporto valori, con sede nella località svizzera di Chiasso. Com’è significativo che nell’aprile 2018 l’operazione “Keleos” della Polizia ha portato all’arresto di 6 calabresi e 3 cerignolani» per un assalto ad un caveau di Catanzaro che fruttò 8 milioni e mezzo di euro, in parte destinato cosche calabresi, tant’è che l’accusa contesta l’aggravante della mafiosità.
«Infine l’area ricompresa tra i comuni di Orta Nova, Ordona, Carapelle, Stornara e Stornarella, detta dei “cinque reali siti”, pur risentendo in modo significativo dell’influenza della criminalità cerignolana, vanta» si conclude l’analisi della Dia sull’area del basso Tavoliere «la presenza criminale forte ed autorevole di clan, quali i Gaeta e i Russo, capaci di ben interagire con la mafia cerignolana e foggiana».
tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno