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    «Mafia cerignolana radicata sul territorio e punto di riferimento per i clan del barese e del Gargano»

    Quella fotografata dagli inquirenti nella relazione semestrale della Dia alle Camere è una mafia predatoria e imprenditrice

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    Quella di Cerignola è la mafia con il «modus operandi più sofisticato». Gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), nella relazione semestrale al Parlamento, descrivono in questi termini gli assetti della criminalità organizzata nel centro ofantino. Secondo gli inquirenti, i vertici delle organizzazioni criminali sono sempre riconducibili a due “storiche” famiglie della mala cerignolana. Da una parte ci sono i Di Tommaso, clan che «ha la sua roccaforte nel quartiere San Samuele ed è attivo nelle estorsioni, nelle rapine e nello spaccio di sostanze stupefacenti. Ha ripreso nuovo slancio con il recente ritorno in libertà di alcuni elementi di spicco». Dall’altra c’è il sodalizio dei Piarulli, un’organizzazione capace di estendere i suoi tentacoli a livello transregionale: «Originario di Cerignola, vanta il suo vertice in Lombardia dove risiede il boss. Il clan, operante nel traffico di sostanze stupefacenti e nelle estorsioni, è sempre più attivo nel riciclaggio di denaro in attività commerciali (sale ricevimento, distributori di carburante, supermercati ed autoparchi). Gli appartenenti al suddetto gruppo esercitano, peraltro, una pluralità di attività illecite, compresi i reati predatori, e vantano sinergie nelle province di Foggia e nella BAT (in particolare nella Valle dell’Ofanto, a Trinitapoli e Canosa di Puglia) ma anche nel resto della Regione e in varie aree nazionali».

    Punto di forza della mafia cerignolana è «il forte legame con il territorio», oramai talmente consolidato da permettere ai clan «di essere un punto di riferimento anche per altri sodalizi, oltre che anello di congiunzione tra fenomeni criminali diversi, come i clan foggiani e baresi ed i gruppi della criminalità andriese e bitontina». A riguardo viene menzionata l’operazione “Nemesi”, del 15 novembre 2019, che «ha messo in luce come un esponente di spicco del clan PIARULLI fungesse da canale di approvvigionamento di sostanze stupefacenti per i clan D’ABRAMO e SFORZA, legati al sodalizio PARISI-PALERMITI di Bari, operanti ad Altamura». Una mafia, quella cerignolana, dalla doppia faccia. Se da un lato si presenta il volto più criminale e predatorio dell’organizzazione, dedito al traffico di stupefacenti, alla cannibalizzazione di autoveicoli e agli assalti ai blindati, dall’altro la criminalità organizzata del basso tavoliere continua a sviluppare un proprio aspetto imprenditoriale. «L’esistenza di un organo decisionale condiviso e da ingenti disponibilità di mezzi e risorse finanziarie, che le hanno permesso di infiltrarsi in importanti segmenti economici su tutto il territorio nazionale – scrivono gli inquirenti – dimostrando grande capacità di diversificazione delle attività criminali e di riciclaggio dei capitali illeciti».

    Il settore maggiormente a rischio è quello agricolo, comparto vitale per l’economia locale. A dimostrazione di ciò la DIA porta ad esempio la ben noto processo “Malavigna”, scaturito da un’indagine della DIA del dicembre 2017. Il 22 luglio 2019 «il GUP presso il Tribunale di Ravenna ha emesso condanne per oltre 32 anni di reclusione nei confronti dei sette imputati, ritenuti responsabili di associazione per delinquere, frode fiscale, riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Il gruppo era contiguo ai cerignolani PIARULLI-FERRARO, tutti già colpiti da misure cautelari personali e dal sequestro di beni per un valore di oltre 20 milioni di euro». Nel documento non mancano riferimenti allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Cerignola, decretato dal Ministero degli interni nel mese di ottobre, che troverebbe le sue ragioni profonde proprio nella pericolosa commistione tra criminalità locale e mondo dell’imprenditoria: «La trasversalità dei settori interessati dall’infiltrazione mafiosa ha trovato un importante riscontro anche nelle motivazioni del provvedimento alla base dello scioglimento del consiglio comunale di Cerignola, deliberato con DPR del 14 ottobre 2019, e nelle interdittive antimafia che ne sono conseguite».

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