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    La Colasuonno al Fatto: “A Cerignola tutti pagano il pizzo. Nessuno si ribella per paura di ritorsioni”

    Dura intervista della dirigente del Commissariato di PS a Cerignola

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    Nelle stesse ore in cui la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nella sua relazione semestrale alle Camere presentava un accurato ritratto della mafia cerignolana e delle sue dinamiche, un’altra voce autorevole si è levata sull’argomento. E’ quella della dott.ssa Loreta Colasuonno, vicequestore e dirigente del Commissariato di PS a Cerignola, che in un’intervista concessa a Il Fatto Quotidiano ha speso parole molto forti su quello che sta accadendo nel centro ofantino.

    L’AGGUATO DEL 6 GIUGNO

    L’intervista al vicequestore prende le mosse dal tentato omicidio di Maurizio Riccardi, 47enne cerignolano con precedenti. Lo scorso 6 giugno l’uomo è stato inseguito da sconosciuti armati di kalashnikov che hanno aperto fuoco contro di lui. Riccardi è riuscito a mettersi in salvo precipitandosi proprio nel Commissariato di PS diretto dalla Colasuonno: «Ogni giorno, alle 8, arrivo in commissariato, ma quella mattina ero in ferie, altrimenti sarei rimasta coinvolta – spiega la dirigente nel corso dell’intervista -. Anche la volante si sarebbe trovata in mezzo alla pioggia di proiettili se non avesse avuto un contrattempo». “Un’azione così spavalda non si era mai vista”, scrive Roberta Ruscica sulle colonne del Fatto. Ed è proprio così. Archiviati i fatti di sangue degli anni ’90, la mafia cerignolana ha adottato una strategia di “basso profilo”, senza ricorrere spesso alle armi, salvo rare ma rumorose parentesi come quella degli ultimi mesi del 2017. A cosa è dovuta questa rottura degli equilibri? Le indagini, spiega la Colasuonno, sono ancora in corso, ma la pista da seguire è probabilmente quella della droga.

    I TENTACOLI DELLA MAFIA SUL TERRITORIO

    E’ stato proprio questo grave episodio di cronaca a spingere il vicequestore ad esporsi e rilasciare l’intervista, dando un segnale forte alla comunità che, secondo la Colasuonno, è rimasta inerte all’accaduto perché intimorita: «Dopo l’agguato in pieno centro, non c’è stata nessuna presa di posizione da parte della cittadinanza. La gente ha paura di manifestare, teme ritorsioni». E ancora: «Mai vista un’alzata di testa della popolazione, nessuno si ribella, nessuno collabora. Ogni tanto qualche lettera anonima inviata da chi vuole eliminare il suo avversario dal mercato della criminalità organizzata. Mai qualcuno che denunci un’estorsione. Eppure tutti pagano il pizzo». Un’affermazione molto forte quest’ultima, che molto dice sullo stato di soggezione del tessuto sociale alla criminalità organizzata. La mafia cerignolana infatti, come ormai da anni la DIA denuncia nelle proprie relazioni, è talmente radicata da esercitare un controllo capillare sul territorio, a tal punto che riesce riuscire a spiare gli inquirenti: «Noi sappiamo che siamo monitorati dagli uomini della mafia: prima di una perquisizione o di una operazione, l’ultimo briefing lo facciamo a Foggia», rivela il vicequestore al Fatto. Un controllo che non è solo logistico ed economico, ma anche “culturale”, per certi versi. A tal proposito, la Colasuonno racconta un episodio di cui è stata testimone: «Una volta mi capitò di sentire: ‘Speriamo che facciano un altro assalto al portavalori così le loro mogli verranno a spendere da me’. Era la proprietaria di una nota boutique».

    DURO BOTTA E RISPOSTA CON METTA

    Nel corso dell’intervista la dott.ssa Colasuonno denuncia anche episodi di presunte pressioni dell’allora Sindaco Franco Metta: «Una volta l’ex sindaco contestò un’operazione interforze per il contrasto all’abusivismo commerciale. Prese le difese di alcuni pregiudicati. Mi disse di soprassedere, mettendomi a disagio». L’episodio è menzionato anche nella relazione prefettizia che accompagna il provvedimento di scioglimento dell’amministrazione Metta per infiltrazione mafiose avvenuto nel mese di ottobre. Non è tardata ad arrivare la replica via social del diretto interessato, che ha accusato il vicequestore, ma anche il Prefetto Grassi e la Ministra Lamorgese, di parlare col fine di influenzare il giudizio del TAR del Lazio sul ricorso da lui presentato contro il provvedimento di scioglimento per infiltrazioni del Comune di Cerignola. Ricorso che verrà esaminato dai giudici amministrativi il 20 luglio. Anche alcuni imprenditori locali non hanno gradito le affermazioni della dott.ssa Colasuonno sulla questione pizzo, rivendicando con forza di non essersi mai piegati a certe logiche criminali.

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