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    Fase 2: interrogativi, timori e idee del settore della cultura a Cerignola e non solo

    Dall'editoria allo spettacolo, lo sguardo su un mondo anch'esso in sofferenza, ma che non ha ancora intenzione di gettare la spugna

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    «Con la cultura non si mangia». La frase attribuita all’ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, da egli stesso successivamente smentita in più occasioni, non mancò tuttavia di suscitare molte polemiche. E guai a dirlo a chi di cultura ci vive sul serio, avendoci coraggiosamente investito, in tutti i sensi del termine. Sappiamo purtroppo bene quanto l’emergenza sanitaria globale abbia paralizzato gran parte dei comparti economici: fra essi non manca quello che ruota intorno al variegato mondo della cultura, un mondo spesso bistrattato. Attività, iniziative, eventi, occasioni di promozione territoriale ad esso correlati, stanno attraversando un momento di triste e preoccupante arresto. La Fase 2 appena scattata ha rappresentato una timida ripartenza, per alcuni ma non per tutti. È molto difficile ad oggi stabilire quanto sia vicina la fine del tunnel, soprattutto per chi nel passaggio fra Fase 1 e Fase 2 ha visto cambiare solo un numero. Per tastare il polso della situazione nel mondo della cultura, abbiamo deciso di dar voce a chi in esso ha fortementeì creduto, tanto da diventare un vero punto di riferimento e crearsi attorno una comunità sempre più nutrita.

    Partiamo da Marianna Longo, giovane titolare de “L’albero dei fichi”, libreria nata nel novembre 2016 a Cerignola, studiata per i piccoli lettori ma che col tempo ha saputo intercettare un pubblico ben più esteso, fino a diventare un laboratorio culturale capace di far rete con il territorio. «La nostra libreria è concepita come qualcosa di diverso da quello che adesso è», afferma la libraia di Via Pavoncelli al nostro sito. «‘L’albero dei fichi’ è sempre stato in relazione con le famiglie, i bambini e le scuole» sottolinea, non celando l’amarezza per la mancanza di questi rapporti che si protrae ormai da settimane. Sull’attuale interazione con la clientela, Marianna invece precisa: «Gli ingressi in libreria avvengono sempre in modalità molto corretta. Riscontriamo molta attenzione da parte delle persone: vengono tutti muniti di guanti e mascherina. Tuttavia, in libreria abbiamo i presidi per chi non li dovesse avere, ma non ce n’è mai stato bisogno. Tutti arrivano già sistemati». I clienti sono supportati anche grazie alle consegne a domicilio. «Quello che alla libreria manca fortemente è il contatto con i bambini, quindi le attività laboratoriali. Avevamo inoltre un sacco di date, diversi incontri con gli autori che sono saltati. Mancano le presentazioni dei libri che sono ciò che rendono una libreria quel qualcosa di bello e che contribuisce, a sua volta, a rendere bella la città». Tuttavia, la comunicazione con la clientela non è venuta meno, grazie all’aiuto dei social. Attraverso la propria pagina Facebook, “L’albero dei fichi” ha lanciato dei contest, l’ultimo dei quali in concomitanza con l’iniziativa “Il maggio dei libri”, ottenendo da parte dell’utenza una risposta attiva e soddisfacente. Guardando al futuro prossimo, Marianna sostiene: «Cerchiamo di essere molto positivi perché ce la vogliamo fare. Da un punto di vista imprenditoriale, l’augurio è di non essere dimenticati. Tutti i contribuiti che ci sono stati promessi sono purtroppo di gran lunga inferiori a quello che dobbiamo versare in tasse e affitti». A questo punto, giungono proposte: «Per tutto il comparto commercio ci vorrebbe una iniezione di liquidità, ma liquidità a fondo perduto. Nel mio caso, senza soldi liquidi non saprei come effettuare degli ordini. Gli assortimenti vanno pagati in anticipo. Sul fronte editoria, quello che di positivo sto riscontrando è stata la regolarizzazione degli sconti, con la stessa scontistica da applicare tanto nelle librerie quanto su piattaforme come Amazon e IBS. E’ una misura che ci sta tutelando. Auspico inoltre un’attenzione e una ripresa che investa tutta la comunità sociale e uno snellimento di molte procedure burocratiche che aggrovigliano il nostro sistema».

    Guarda al futuro con decisione anche Andrea Martina, giovane scrittore, sceneggiatore ed autore teatrale che lanotiziaweb.it ha avuto modo di incontrare nel recente passato, in occasione di alcuni dei suoi tour che hanno toccato anche Cerignola. «Amici scrittori, editori, librai iniziamo a tirare fuori un po’ di idee. Il mondo dell’editoria è in difficoltà e siamo in tanti a lavorarci», è l’incipit di un post pubblicato sulla sua pagina Facebook lo scorso 1° maggio, dal quale propone la sua ricetta contro la crisi: «Gli eventi letterari e i festival possiamo dimenticarli per un po’, d’accordo. Ma gli strumenti per portare le persone in libreria ci sono comunque. Prima della pandemia in alcune librerie venivano organizzate delle giornate con gli “Scrittori In Cassa”: anziché fare una presentazione del proprio libro, lo scrittore passa una giornata nella libreria a incontrare i lettori e proporre la sua storia. Si evitano gli assembramenti e c’è comunque la possibilità di raggiungere tanti lettori nell’arco di un’intera giornata. Quello che si chiede a uno scrittore è semplicemente di passare del tempo in libreria. Per chi scrive non credo sia un problema, anzi. Facciamo dell’iniziativa “Scrittori in Cassa” una sana abitudine. Questa è un’occasione importantissima – auspica – per uscire dalla dimensione della “cultura come evento” e pensare più alla “cultura come incontro”». In conclusione, il suo appello: «Ritorniamo ad abitare le librerie, sfruttiamo i podcast per avvicinare le nuove generazioni, spingiamo la lettura delle riviste on line. Sono giorni che facciamo video per invitare le persone alla lettura, spesso nell’inquadratura mostriamo librerie piuttosto piene alle nostre spalle. Stiamo guardando quei libri? Vogliamo veramente bene a questo mondo? A noi tocca».

    Fra chi vuole bene a questo mondo ci sono le case editrici. Una realtà di cui la nostra Regione può farsi vanto, avendo dato importanti chances a diversi scrittori capaci di narrarla, è la “Les Flaneurs-Edizioni” di Bari. «Il momento è delicato per tutta la filiera» afferma l’editore Alessio Rega a lanotiziaweb.it. Andando a fondo nella disamina, dice: «Quando si parla del libro spesso si pensa soltanto alle librerie. Invece bisognerebbe pensare che se i libri arrivano sugli scaffali è perché ci sono editori che li pubblicano. In Italia ci sono tante piccole case editrici che il Governo deve sostenere con aiuti concreti, a fondo perduto, e non attraverso nuovi debiti con le banche. Anche da un punto di vista fiscale, al momento, non sono state prese misure adeguate. Procrastinare il pagamento delle imposte o dei contributi non elimina il problema». Rega fa quindi una fotografia del momento che la sua casa editrice sta vivendo: «In questi due mesi di fermo, la produzione si è ridotta in modo drastico così come la possibilità di fare eventi e presentazioni. Questo ha determinato incassi vicini allo zero. Il solo canale on line, ormai saturo e inflazionato, non basta. Nonostante questo, piangersi addosso non è mai costruttivo. Bisogna far fronte all’emergenza con creatività, cercando nuove vie per promuovere e vendere i libri e incuriosire i lettori. Sempre con la speranza che il Governo sia capace di essere davvero a fianco agli editori e garantire la loro sopravvivenza».

    Infine, abbiamo voluto ascoltare chi di recente ha investito con forza nel settore culturale proprio a Cerignola, dopo averlo fatto già in passato e diventandone con ciò una cittadina d’adozione. Parliamo di Simona Sala, l’imprenditrice che da 25 anni gestisce quello che per tutti è stato il Cineteatro Roma e che, con la rimessa a nuovo e l’inaugurazione dello scorso dicembre, è diventato “Roma Teatro Cinema E…”. La nuova struttura è stata concepita per essere molto più di un cinema e di un teatro, volendo rappresentare per la comunità un vero e proprio contenitore culturale, rivolto anche al mondo della scuola, all’interno del quale dare quanto più spazio possibile alla creatività, dando luogo a corsi e laboratori. «Le ultime sono state settimane di completo buio», racconta Sala. «Ho avvertito fin dall’inizio dell’emergenza che per il nostro settore la situazione sarebbe stata diversa rispetto agli altri. Siamo stati i primi a chiudere e saremo fra gli ultimissimi a riaprire». Nonostante il presagio di tempi duri, nelle prime battute della crisi la struttura non ha voluto darsi per vinta: «Abbiamo tentato un esperimento i primissimi giorni di marzo, andato avanti fino alla sera del 7, alla vigilia della chiusura. Abbiamo lavorato lasciando in sala una poltrona aperta ogni due chiuse. Va considerato però che nella psiche delle persone andare al cinema significa farlo con qualcuno, starci assieme. Inoltre, la gente ha cominciato a venirci molto meno già dalla fine di febbraio, quando arrivavano le prime notizie sull’espandersi dell’epidemia in Lombardia». Sono quindi iniziate a cascata tutte le difficoltà contro cui l’attività ha potuto far ben poco: «Nelle tre settimane precedenti al decreto, i miei collaboratori sono andati in ferie a rotazione, perché eravamo troppi rispetto al pubblico da accogliere. Poi c’è stato il colpo di grazia: la chiusura dei cinema del Nord. Questa cosa ha fatto fare un passo indietro alle case di distribuzione cinematografica, che non hanno più immesso nel mercato i nuovi film. Penso al film di Carlo Verdone, ad esempio, che era attesissimo per fine febbraio». Simona Sala confessa quindi di essersi trovata per la prima volta nella situazione di non avere a disposizione nuovi titoli, lavorando così nelle ultime due settimane prima del lockdown con film ripresi, fatti scegliere dal suo pubblico attraverso sondaggi lanciati sui canali social della struttura. Se le attività legate al cinema sono ferme, quelle dei laboratori teatrali sono invece andate avanti con tenacia. Grazie alla piattaforma di teleconferenza Zoom, si è dato vita alla cosiddetta “Quarantena artistica”, in cui bambini, ragazzi e adulti iscritti ai corsi di recitazione hanno potuto portare avanti la preparazione dei rispettivi spettacoli: «Appena riapriremo, in qualunque momento sarà, andranno in scena» è il messaggio carico di speranza che la titolare del cineteatro lancia. Ma alla fiducia verso una ripresa futura, che non deve mancare, Simona integra un quadro della situazione attuale tutt’altro che positivo: «Ho queste due cattedrali (“Roma Teatro Cinema E…” e il “Cinema Corso”, ndr) spente, ma che mi costano tantissimo. Solo di impegnative ENEL abbiamo una base altissima nelle bollette. Quindi anche senza consumi ho delle spese mensili ingenti, senza avere un’entrata anche minima».

    La situazione non è certo migliore ampliando la panoramica: «Alle sale cinematografiche non viene assolutamente data attenzione. Il problema è che tutta la filiera che gira attorno al cinema e al teatro è composta da tantissime famiglie. In tutta Italia sono saltati più di 1000 spettacoli, che saranno da recuperare o da sostituire. Ma più tardi si riapre e peggio sarà». L’auspicio è quantomeno quello di riaprire le sale cinematografiche, senza file al botteghino e con la vendita dei biglietti solo on line, di tornare a poter usufruire di spazi laboratoriali dove il distanziamento interpersonale sarebbe assolutamente garantito e di replicare, magari in estate, iniziative all’aperto che in passato hanno riscosso successo. Diversi sono gli stati d’animo e le speranze che sono emerse ascoltando alcuni di coloro che hanno voluto dire la propria circa la loro situazione, in questo complicato momento. Un messaggio ha però colpito più di altri: la grande paura di essere dimenticati, dalle Istituzioni e dalla gente comune, una volta che questa emergenza sarà superata. L’augurio più vivo è che “andrà tutto bene” non resti uno dei tanti slogan fini a sé stesso.

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