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    “Chi troppo vuole”, presentato a Cerignola in anteprima nazionale l’ultimo libro di Leonardo Palmisano

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    Dopo una lunga pausa forzata, dovuta agli effetti dell’emergenza Covid, la libreria ‘L’albero dei fichi’ torna ad ospitare la presentazione di un libro con il proprio autore. E l’occasione è stata speciale, trattandosi di un’anteprima nazionale. Nel tardo pomeriggio di martedì 4 agosto, all’esterno del locale di via Pavoncelli, lo scrittore e giornalista Leonardo Palmisano ha presentato la sua ultima fatica, «Chi troppo vuole-Mazzacani trova la sua vendetta» (Fandango libri). Con l’autore hanno interagito Dora Giannatempo, referente formazione della Cooperativa Sociale Altereco, e Rita Pia Oratore, presidente dell’associazione OltreBabele. Leonardo Palmisano, etnografo, sociologo e presidente di ‘Radici Future’, ha studiato e documentato nelle sue precedenti inchieste le diverse dinamiche che muovono la criminalità organizzata nel Tavoliere. Un esempio è ciò che emerso nel 2018, quando scoprì i legami fra mafia garganica e mafia nigeriana nel traffico di stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione a Borgo Mezzanone. Dopo averne scritto sul ‘Corriere del Mezzogiorno’, Palmisano fu destinatario di minacce anonime sui social.

    La vicenda narrata nel suo ultimo libro si sviluppa nella nostra regione, partendo da una fossa comune, in una baraccopoli di immigrati vicino Foggia, nella quale vengono rinvenuti cinque corpi sepolti molti anni prima, una testa in decomposizione (quella di un mafioso della Sacra Corona Unita, Gianni Palano) e il cadavere ancora caldo di una prostituta rumena, Paula, a cui il killer ha intagliato una stella sulla fronte accanto al foro di entrata del proiettile, come a voler firmare il gesto. Nelle ore successive, a Bari, viene assassinato il candidato presidente della Regione Marcellino Danza, foggiano ed erede di un impero  politico con sua sorella, una influente e oscura baronessa. Toccherà a Teresa Buonamica, capo della Direzione Regionale Antimafia di Puglia, aprire le indagini e scoprire il filo conduttore di questi omicidi. Il bandito Mazzacani, tirato in causa, non dirà tutto ciò che sa. Finge di non riconoscere l’intaglio a stella sul corpo della prostituta uccisa, simbolo di chi ha messo fine alla “Banda dei Santi” di cui era capo, un gruppo non affiliato alla Sacra Corona Unita. Questo perché vuole chiudere personalmente i suoi conti in sospeso col passato. Il terzo caso del bandito Mazzacani racconta gli intrighi politici, gli interessi economici e le strategie criminali che serpeggiano nel territorio di Capitanata.

    «È il terzo libro di una saga che dedico a questo bandito, Mazzacani, che ho inventato anche e non soltanto per raccontare le mafie pugliesi – afferma Leonardo Palmisano a lanotiziaweb.it –. Questa volta ho voluto documentarmi sulle mafie della provincia di Foggia e sui rapporti che esse hanno con un pezzo della politica locale e nazionale. Volevo che ne uscisse una dimensione molto compatta dei sistemi e penso che Foggia abbia questa dimensione». Il sociologo pone in maniera ancor più attenta la sua lente d’ingrandimento sulla situazione nel nostro territorio: «A Cerignola è recente un fatto di sangue, tra l’altro una persona che probabilmente era coinvolta in ciò che ha portato allo scioglimento del Comune. Penso che il più delle persone sane di questa provincia conosca l’efficacia delle mafie, cioè la capacità di intervenire sul quotidiano toccando l’economia e altre opportunità. Ci sono dei dati spaventosi che riguardano l’esodo dei giovani dalla provincia di Foggia e questo è davvero l’aspetto più negativo di quello che producono le mafie. C’è poi un vuoto. Le mafie stanno lasciando una voragine sostanzialmente incolmabile, almeno adesso, e che non può essere ricoperta dalla politica, perché da sola non ce la fa. Questo spiega perché questa è la Provincia d’Italia con i due Comuni più grandi sciolti per mafia, Cerignola e Manfredonia. I rapporti clientelari sono spaventosamente robusti in questo territorio».

    In conclusione, Palmisano sottolinea l’importante ruolo che possono giocare in questa difficile partita presidi culturali e di legalità come la cooperativa sociale Altereco, che dal 2011 custodisce Terra AUT, bene confiscato alla mafia e visitato proprio nei giorni scorsi dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Sono per me talmente importanti che sono stato tra quelli consultati in Italia per fare il nome di dieci Cooperative per ospitare il LegaliTour. Ho fatto il nome della Cooperativa Altereco e sono contento sia stata scelta. Ma sono importanti, per esempio, le librerie. E lo sono tutti i presidi di promozione e produzione culturale. Senza di essi vincerebbe automaticamente la cultura mafiosa, una sottocultura che tende a fare egemonia in modo indiscutibile. Mentre noi discutiamo, perché la cultura serve a questo, loro sono invece dei monoliti e vanno avanti come fossero mezzi blindati».

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