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    Il mondo delle scommesse: tra passione, storia e normative

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    La cultura italiana sulle scommesse ha origini sicuramente più recenti rispetto a quella di altre Nazioni. Escludendo la famosa schedina del Totocalcio infatti, fino a qualche decennio fa il nostro Paese non conosceva altro modo (legale) di puntare denaro su quelle che sono le partite di pallone. Per questo motivo, nelle prossime righe faremo il punto della situazione per capire lo sviluppo del settore, con qualche cenno storico e una breve panoramica sulle legislazioni europee.

    Scommesse sugli esiti sportivi: le origini

    Le scommesse sugli esiti sportivi non sono certamente una novità. Le origini di questa pratica risalgono ai tempi dei Romani, grazie ad un’usanza importata dai Greci. Vogliamo ricordare come proprio i Greci amassero in maniera particolare lo sport, e di come si debba ringraziare questo popolo per l’invenzione dei Giochi Olimpici. A Roma si scommetteva sulle corse dei carri e sui combattimenti tra gladiatori. I secoli passano, ma la passione rimane immutata fino al 1946, anno in cui nasce il Totocalcio. Questo concorso ha fatto la storia nel nostro paese, acquistando una popolarità senza precedenti. Non esisteva bar o ricevitoria infatti, che non permettesse di giocare la schedina per fare il tanto ambito tredici, e la domenica pomeriggio milioni di italiani attendevano ansiosi i risultati delle partite All’inizio degli anni ’80 scoppia lo scandalo del Totonero, a causa del calcioscommesse, che condusse all’arresto di molti addetti ai lavori. Alla fine dei procedimenti però, nessuno ebbe conseguenze penali, giocatori compresi. Dopo qualche anno si ripresentò una situazione simile, ma per cominciare a puntare legalmente sul calcio, dovremo arrivare alla fine degli anni ’90, e più precisamente al Mondiale di Francia ’98. Chiaramente in quel periodo non si poteva scommettere online come accade oggi, e non esisteva nessun portale per le scommesse. Per farlo era necessario recarsi fisicamente nelle agenzie abilitate. Da quel momento il settore è cresciuto a dismisura, e il betting è riuscito persino a mettere in ombra il Totocalcio, seppur sopravviva ancora oggi.

    Scommesse: le legislazioni

    Nonostante l’anzianità del settore, non esiste ancora ad oggi una normativa comune per tutti i Paesi Membri dell’Unione Europea. Parliamo di un mercato molto ricco, che in alcuni casi è gestito in maniera caotica e confusionaria, con inevitabili ripercussioni negative sul consumatore. Da una parte infatti troviamo Nazioni come la Gran Bretagna. Anche se recentemente uscita dall’Unione, la sua legislazione può essere presa come un punto di riferimento, grazie ad un disciplina ferrea composta da regole rigide e facilmente interpretabili. A dirigere il betting, con pieni poteri in merito, troviamo la Uk Gambling Commission. Tra le principali note positive, da menzionare sicuramente è il controllo effettuato sugli operatori di mercato. Per ottenere la licenza infatti, questi devono fornire tutta una serie di garanzie e rispettare requisiti sia finanziari che di onorabilità, ovvero sotto il profilo penale. Come anticipato però, la situazione europea in ambito betting non è tutto rose e fiori come in Gran Bretagna. In alcuni Paesi infatti, è avvertita l’esigenza di limitare quella che l’operatività online delle società di betting, così da arginare la concorrenza con i canali tradizionali offline. Un esempio che calza a pennello, è sicuramente quello della Francia, che nega agli operatori online la possibilità di offrire i medesimi giochi dei casinò. In questo modo però, viene solamente difeso il potere della lobby delle attività fisiche, impedendo di fatto la liberalizzazione di un mercato che invece necessita di una concorrenza “leale” e ad armi pari tra i gestori.

    A metà strada tra Inghilterra e Francia, troviamo proprio l’Italia. Da riconoscere al nostro Paese è sicuramente la piena regolamentazione del settore delle scommesse. Questo perché i fornitori dei giochi, per operare, devono possedere la licenza AAMS. Ciò che ancora lascia perplessi però, sono alcune misure adottate per limitare il gioco patologico. L’intento è sicuramente nobile, ma il modo in cui si è concretizzato tale intento in alcune occasioni, è stato quantomeno confusionario. Parliamo ad esempio dell’iniziale divieto di qualsiasi forma di sponsorizzazione del gioco introdotto dal Decreto Dignità. Divieto successivamente ridimensionato a causa delle forti lamentele giunte da più parti.

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