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    “Rianimazioni in difficoltà, Puglia in grave ritardo”. A dirlo il primario di terapia intensiva di Foggia

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    A parlare non sono stavolta i politici o gli opinionisti tv. La voce è di chi, in prima linea, combatte ogni giorno le difficoltà che il Covid comporta negli ospedali. Gilda Cinnella, a capo dell’unità operativa di terapia intensiva del Policlinico di Foggia, intervistata sulle colonne di Repubblica da Antonello Cassano. L’istantanea di una realtà che dovrebbe esser considerata ogni volta che mettiamo in atto un comportamento poco responsabile. Di seguito il pezzo integrale del quotidiano.

    “Ho passato mezza giornata a cercare di smistare i pazienti in vari ospedali della provincia perché nel nostro ospedale non ci sono più posti letto liberi. Bisognava muoversi prima per attivare i posti aggiuntivi”. Gilda Cinnella è a capo dell’unità operativa di terapia intensiva del Policlinico di Foggia, uno degli ospedali più in difficoltà a causa dell’elevato numero di pazienti Covid che sono ricoverati.
    Qual è la situazione nel suo reparto?
    “Le rianimazioni sono piene. Tanto è vero che degli ultimi tre pazienti arrivati dal pronto soccorso, uno Covid è stato trasferito a San Severo e gli altri due negativi mandati alla Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo: per il quarto stiamo cercando una destinazione. Assistiamo a una quantità notevole di pazienti che arrivano al pronto soccorso e che non hanno uno sbocco perché ormai in tutta la provincia di Foggia non ci sono più posto letto disponibili nelle terapie intensive e nei reparti medici per i pazienti Covid. Ma abbiamo anche difficoltà nelle terapie intensive per i pazienti No Covid”.
    E i posti letto aggiuntivi promessi nei mesi scorsi per potenziare rianimazioni, pneumologie e malattie infettive?
    “Bella domanda. Quei posti non sono mai stati attivati. La verità è che a giugno, quando abbiamo dimesso gli ultimi pazienti Covid della prima ondata, le rianimazioni Covid aperte in più per affrontare l’emergenza sono state di nuovo riconvertite in reparti ordinari, per cui da luglio siamo tornati ad avere esattamente lo stesso numero di posti letto che avevamo prima dell’emergenza Covid, con le uniche differenze del Policlinico di Bari, dove sono rimasti dieci posti letto in più allestiti e dell’ospedale Perrino di Brindisi. Quanto a infettivi e pneumologia, mi risulta che in gran parte siano stati trasformati in reparti normali e non sarebbero state avviate unità sub-intensive pneumologiche”.
    E adesso che cosa succede?
    “Adesso succede che finalmente ci si sta attrezzando, ma con ritardo. Però la prima soluzione pensata è stata quella di riconvertire di nuovo i posti letto di terapia intensiva normali, assegnandone alcuni ai pazienti Covid. Il che significa che adesso i posti letto di terapia intensiva totali sono rimasti gli stessi, ma sono stati divisi: metà ai pazienti Covid e l’altra metà ai No Covid”.
    Non sarebbe stato meglio non smantellare quei posti letto in più messi a punto nei mesi scorsi?
    “Assolutamente sì, è mancata lungimiranza. Anche perché per allestire una rianimazione ci vogliono dai sette ai dieci giorni. Nel frattempo devi trasferire pazienti No Covid e non sai dove mandarli, se anche altre strutture hanno gli stessi problemi. Quindi i posti letto di terapia intensiva non sono mai aumentati: anzi, si sono ridotti. Fortunatamente a Foggia avremo una nuova rianimazione di 14 posti letto, ma solo fra due mesi”.
    Due mesi sono inaccettabili in una situazione come questa.
    “Giusto: non sono accettabili, la gente muore nelfrattempo. Ho difficoltà a far capire alla gente quanto è grave la situazione. In tutta l’Asl Bari non c’era un posto Covid fino a poche ore fa. È ovvio che in una situazione del genere il Policlinico di Bari dovrà ridurre altri tipi di attività. Ma c’è un’altra criticità”.
    Quale?
    “Siamo davanti a una malattia nuova. Non tutti i colleghi hanno la formazione sufficiente per affrontare pazienti di questo tipo. Per questo mi sarei aspettata che ci fosse uno sforzo formativo da parte della Regione. A differenza di altre Regioni, inoltre, in Puglia non è mai stato stilato un documento unico per stabilire come trattare questi pazienti. Ognuno di noi specialisti si è dovuto arrangiare attraverso il passaparola”.
    Eppure la Puglia ora è fra le dieci regioni più preoccupanti per tasso di riempimento delle terapie intensivo. Quanto tempo manca alla saturazione?
    “Ci siamo molto vicini. In questo momento la Puglia non è coinvolta allo stesso modo. Mentre nelle terapie intensive di Brindisi, Lecce e Taranto ci sono ancora posti disponibili, a Foggia e Bari la pressione è altissima”.
    C’è qualcosa che vorrebbe chiedere alla Regione?
    “Noi clinici, anestesisti-rianimatori, pneumologi e infettivologi vorremmo un incontro con la Regione per poter essere coinvolti maggiormente nelle scelte. Per affrontare al meglio la seconda ondata bisognava muoversi un mese fa. È stata stabilita una strategia per step, ma ora il virus sta correndo molto più velocemente rispetto a quella strategia”.

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