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    Michele Cianci, trent’anni dall’assassinio di una persona perbene

    Pubblicato il

    È una mattina come altre, con l’inverno e le festività natalizie alle porte, quella di lunedì 2 dicembre 1991 a Cerignola. Come di consueto, Michele Cianci è presso il suo esercizio, “Armitecnica”, in via Santa Maria del Carmine, a pochi passi dal centro. Michele nasce nel Comune del Basso Tavoliere il 22 maggio di 43 anni prima, da mamma Sabina e papà Nicola. Cresce in una famiglia che lo ama tanto e lo educa con i valori della fede cattolica. È molto legato alle sorelle Teresa ed Angela e al fratello Vincenzo. Il suo percorso scolastico lo porta all’ITIS “Augusto Righi” di Cerignola, dove consegue il diploma di Perito Industriale in Elettronica e Telecomunicazioni. Successivamente svolge diversi lavori, che però non lo appagano mai fino in fondo perché non attinenti a quanto ha studiato. Decide, quindi, qualche anno dopo di mettersi in proprio ed aprire un negozio di armeria e articoli sportivi. Svolge il suo lavoro con professionalità, passione e sempre con il sorriso, e tutto ciò è testimoniato anche dai tanti amici che sono soliti andare a trovarlo. È un ragazzo che coltiva inoltre diverse passioni: musica, pittura e amore per gli animali. Michele è anche uno zio tanto amato dai suoi nipoti, i figli di Angela. La sua vita sembra svolgersi su un’oasi di serenità.

    Quell’oasi cessa di essere tale il 2 dicembre 1991. Michele è, come detto, nel suo negozio come tutti i giorni. È tarda mattinata quando in Piazza del Carmine, a pochi metri dal suo luogo di lavoro, due malviventi aggrediscono un anziano nel tentativo di derubargli la pensione, appena riscossa nel vicino ufficio postale. Nonostante sia quasi mezzogiorno e in Piazza stia transitando molta gente, nessuno interviene in difesa del malcapitato. È Michele a farsi avanti, dall’uscio del suo esercizio, fortemente indignato da quanto sta accadendo davanti ai suoi occhi. Urla prima ai due di lasciare immediatamente stare l’anziano e spara in aria, a scopo intimidatorio, alcuni colpi di pistola. I giovani malfattori fuggono, non prima però di far intendere che non sarebbe finita lì. Non finisce lì neanche per Michele che, dopo essere coraggiosamente intervenuto in soccorso dell’anziano rapinato, si reca presso il Commissariato di Polizia di Cerignola per denunciare l’accaduto, fornendo la descrizione dei due aggressori.

    A una mattinata agitata, segue un pomeriggio che scorre come gli altri. Giunge la sera, sono passate da poco le 20.30, e Michele sta per chiudere la serranda di “Armitecnica”. Non può sapere che lo sta facendo per l’ultima volta. Un commando di quattro individui piomba davanti al suo negozio, con quella che pare essere la spedizione punitiva per l’intromissione nella tentata rapina al pensionato in mattinata. Con tanta codardia quanta ferocia, si scagliano su di lui e gli vengono esplosi contro diversi colpi d’arma da fuoco, due dei quali lo colpiscono ad un fianco e al femore. Michele finisce per cadere violentemente sul marciapiede, perdendo i sensi. I colpi esplosi mettono in allarme il quartiere, alcuni abitanti corrono in suo soccorso: fra questi c’è il noto storico locale, nonché già consigliere comunale, Franco Conte, che in quel momento è davanti alla Chiesa del Carmine. I criminali sono intanto fuggiti. A bordo di un’auto Michele viene immediatamente trasportato in ospedale, ma non c’è più niente da fare: è troppo profonda la ferita alla testa causatagli dalla violenta caduta, il giovane commerciante non riprende conoscenza e si spegne prima che i medici possano fare effettivamente qualcosa.

    La città è sgomenta, è l’ennesima pagina di cronaca nera scritta in uno dei periodi più bui della sua storia. Quello di Michele Cianci è il settimo omicidio in provincia di Foggia in poco meno di un mese. A Cerignola due anni prima i commercianti, stanchi di continue minacce ed estorsioni, sono scesi in piazza fermando le loro attività per tre giorni consecutivi. La guerra tra clan rivali, i loschi affari della malavita organizzata (rapine e traffico di droga), la microcriminalità che si avvale di tante, troppe giovani braccia, sono piaghe sempre più dolorose per il tessuto sociale del territorio. Sono tempi in cui a Cerignola si registra anche una delle percentuali di evasione scolastica più alte di tutta la Puglia. Un triste destino che con ogni probabilità ha coinvolto due dei giovanissimi sospettati dell’omicidio Cianci, poco più che maggiorenni, fermati dalla Polizia di Cerignola la sera successiva, già con piccoli precedenti per furti e scippi alle spalle. Alcuni mesi più tardi, segnatamente il 26 giugno 1992, Michele viene insignito dal Presidente della Repubblica della medaglia d’oro al valor civile, per aver dato col suo gesto uno «splendido esempio di umana solidarietà ed elette virtù civiche».

    Nel frattempo, per gli inquirenti incaricati delle indagini sembra chiaro che l’omicidio sia legato alla rapina coraggiosamente sventata in mattinata, così come sembra chiaro alla famiglia di Michele e all’opinione pubblica. Soltanto qualche anno dopo questa pista si rivela essere sbagliata. È la testimonianza di due collaboratori di giustizia a svelare che si è trattato di un tentativo di rapina e l’omicidio Cianci viene inserito nel maxiprocesso “Cartagine”. Il clan della città aveva bisogno di nuove armi e l’attività di Michele è stata scelta perché fra le più fornite del territorio, cosa utile per chi deve disfarsi di quelle già usate per non lasciare tracce che colleghino ai delitti in precedenza commessi. I due collaboratori di giustizia dichiarano inoltre di aver preso parte in prima persona sia alla decisione che all’esecuzione della rapina. Alla memoria di Michele Cianci sono intitolati diversi posti della città, fra cui un campo sportivo nel quartiere Fornaci e, dallo scorso giugno, un bene confiscato alla mafia. Si tratta di una casa colonica e 7 ettari di terreno coltivati ad uliveto e vigneto, in contrada San Giovanni in Zezza, gestito dall’ATS (associazione temporanea di scopo) “Le Terre di Peppino Di Vittorio”, costituita dalla Cooperativa Sociale AlterEco di Cerignola, dalla Cooperativa Medtraining di Foggia e dal CSV (Centro Servizio al Volontariato) di Foggia, e che coinvolge lavoratori provenienti da situazioni di disagio e da percorsi di giustizia riparativa. Ma a tener instancabilmente accesa la fiaccola della sua memoria sono soprattutto i familiari, in modo particolare l’amata sorella Angela. Sono state molteplici le occasioni, soprattutto gli incontri con i più giovani, nelle quali si è spesa in prima persona per gettare i semi del grande esempio di suo fratello, ponendo sempre l’accento su un ricordo attraverso il quale costruire una società migliore, più evoluta e che scacci definitivamente mali quali la violenza, l’indifferenza e l’omertà. Angela non ha mai nascosto quanto il dolore sia ancora straziante e naturalmente insanabile, ma allo stesso tempo ha sposato la missione di rendere questo dolore edificante. «Che futuro consegniamo ai nostri ragazzi, se noi saremo stati solo spettatori?», è stato uno dei suoi appelli in occasione dell’inaugurazione del bene confiscato alla mafia intitolato a Michele. È nostra responsabilità intercettare questo appello uscendo dal torpore dell’indifferenza, ben prima che diventi cronica come in Piazza del Carmine quella maledetta mattinata di inizio dicembre di trent’anni fa.

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    3 COMMENTS

    1. Allora ero poco più che un adolescente e la notizia mi colpì profondamente. Solo ora leggo e apprendo del vero movente.
      In ogni caso ritengo e riterrò sempre Michele Cianci un eroe dei giorni nostri. E non lo dimenticherò mai, da comune cittadino quale sono.

      Affinchè nessuno dimentichi… ricordo in questa sede anche cosa accadde ad un altro cerignolano, Antonio Sorrenti, che reagì a Taddone. Anche lui dovrebbe essere ricordato ogni anno e come riferimento per le generazioni future.

      Allego link con notizia della sua morte:

      https://www.ilmattinodifoggia.it/news/cronaca/19081/Omicidio-a-Cerignola–la-vittima.html

        • Un giorno morirà anche lui.
          E quando arriverà quel momento troverà ad attenderlo intorno al suo letto di ospedale o di casa, nel passaggio all’aldilá, solo demoni e anime dannate.
          Non vorrei essere nei suoi panni.

          ..Se Dio ti fa vivere tanto o ti permette poi dopo aver ucciso una persona di girare impunito é soprattutto per permetterti di capire e pentirti.

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