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    Cerignola, al via il Primo Festival del Teatro di Impegno Civile

    L’evento, che durerà fino a domenica 16 luglio presso Palazzo Fornari, ha aperto i battenti con la “giullarata” sulla mafia di Giulio Cavalli

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    Si è alzato ufficialmente il sipario, nella serata di giovedì 13 luglio nel chiostro di Palazzo Fornari, sulla prima edizione del Festival del Teatro di Impegno Civile di Cerignola. L’evento – organizzato e patrocinato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Cerignola, dalla Cooperativa Sociale “Dibenedetto”, dalla Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, con il sostegno di alcune delle più importanti aziende del territorio -rientra nel ricco calendario di CeriSummer, ponendosi l’obiettivo di invitare e stimolare la comunità alla riflessione su temi di sempre stringente attualità quali la lotta alle mafie, l’integrazione e l’impegno civile, i quali saranno affrontati attraverso linguaggi e punti di vista insoliti durante una quattro giorni che si protrarrà fino a domenica 16 (con ingresso libero).

    «Questo evento nasce da un percorso durato circa un paio d’anni – afferma Marcello Colopi, direttore artistico del Festival, a lanotiziaweb.it -. Siamo finalmente arrivati a questo primo Festival con la convinzione che non sarà l’ultimo, perché crediamo molto nel fatto che bisogna aprirsi a linguaggi diversi nella nostra città. E il teatro è un linguaggio diverso e molto forte, per le tematiche dell’antimafia sociale, dell’impegno civile, dell’integrazione e anche con la musica popolare che racconta pezzi della nostra storia». Si giunge, quindi, a cosa può effettivamente dare questa manifestazione alla città: «Credo sia particolarmente importante affrontare questi temi, soprattutto in questo momento storico. Dobbiamo riconnetterci come comunità, una comunità che sono convinto sia ricca di esperienze, di valori, di energie e che però è, appunto, sconnessa. Ecco, questo è un modo per riconnettere la città, parlando con il linguaggio forte del teatro, della “giullarata”, della musica, che insieme fa pensare, sorridere, riflettere e, in alcuni casi, ci può lasciare dell’amaro in bocca. Credo che questa città abbia una serie di problemi, ma riconoscere di averli questi problemi, come ci insegna la psicoterapia, significa essersi già messi sulla strada della guarigione. Noi – conclude Colopi – non abbiamo paura di affrontare i nostri problemi e le nostre contraddizioni».

    Ad inaugurare la rassegna è stato lo spettacolo «Il ridicolo onore: Falcone, Borsellino e le teste di minchia» di Giulio Cavalli. Attore, regista teatrale, giornalista e scrittore, Cavalli ha dato vita ad un’opera di teatro d’inchiesta, una “giullarata” che gli consente di andare in scena senza avere un copione preconfezionato. Si tratta di uno spettacolo comico in cui l’attore prende in giro le “mitiche” figure mafiose. «Della mafia si può e si deve ridere – spiega Cavalli a lanotiziaweb.it -. La lezione che ci dà la storia, dal ‘500 con i giullari, è che in realtà la risata è stata un’arma politica. Ma ce lo insegna anche il teatro greco, penso ad Aristofane. Purtroppo quell’arma si è via via smussata e ogni tanto mi fa specie che nel Paese che, giustamente, ricorda ancora con grande calore Peppino Impastato non si impari una delle sue più importanti lezioni: di fianco a un attivismo politico del sapere, quindi di studio della contemporaneità, la risata è un’arma bianca che funziona moltissimo e che dà moltissimo fastidio». Per un incredibile scherzo del destino, questo spettacolo ha fatto il suo debutto il giorno dopo la cattura dell’ultima primula rossa di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro: «Lo spettacolo, essendo una giullarata, è molto improvvisato. L’arresto di Messina Denaro – ricorda Cavalli – ha cambiato un po’ i piani. Quando quel giorno abbiamo improvvisato la scena su di lui, che allora si è aggiunta e che adesso è diventata organica nello spettacolo, immaginavamo come sarebbe andata a finire, con la “mitizzazione” di Messina Denaro fatta perché non si parlasse del sistema di potere, oltre quello criminale. Quando ci succede di diventare, nostro malgrado, profeti di notizie di sventura, rimane un po’ questa sensazione di disarmo. Questa sensazione però cerchiamo di trasformarla sul palco, anche questa in risata».

    L’attore e giornalista fornisce infine la sua ricetta per far sì che l’opinione pubblica non distolga l’attenzione da questi temi: «Quando, soprattutto i giovani, chiedevano a Peppino Impastato come si potesse sconfiggere la mafia, rispondeva che bisognava “scassare la minchia”. Joseph Pulitzer diceva invece che la curiosità è il lubrificante necessario per il buon funzionamento del meccanismo della democrazia, che, pensandoci, è uno “scassare la minchia” detto in maniera più elegante. Penso ci sia bisogno di provocare, con provocazioni che siano ovviamente etiche, intellettualmente oneste, comprovate nei fatti. Per uscire da questo assopimento generale c’è bisogno di provocare non solo le Istituzioni, ma anche i cittadini. La politica è un animale molto stupido, che si permette di disinteressarsi di qualcosa perché i cittadini glielo consentono. Magari invertendo la dinamica, facendo in modo che i cittadini costringano la politica a rispondere, forse riusciamo ad ottenere qualche effetto».

    Il Festival prosegue il suo cammino con il monologo «Sola contro la mafia» con Arianna Gambaccini, nella serata di venerdì 14 luglio, lo spettacolo «Attraversa Menti» di e con Mohamed Ba, in programma sabato 15, e il concerto «Canti di lotta, di lavoro e di amore» con il gruppo Rione Junno a chiudere la quattro giorni, domenica 16.

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