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    DPI: l’importanza del fit test

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    Per svolgere determinate professioni è di fondamentale importanza indossare i dispositivi di protezione individuale (DPI) per poter tutelare la salute. Si tratta di attrezzature e strumentazioni che il datore di lavoro è tenuto a fornire per legge, individuando quelle più adatte per salvaguardare al meglio i propri dipendenti in base alle specifiche caratteristiche del contesto in cui vengono svolte le attività. Inoltre, la normativa stabilisce che l’idoneità dei DPI venga verificata attraverso il fit test, una prova di adattabilità con cui è possibile accertare se i lavoratori siano protetti adeguatamente dal DPI che utilizzano. In genere, si tratta di controlli condotti soprattutto sui dispositivi destinati a proteggere le vie respiratorie, quindi maschere filtranti, maschere a pieno facciale o semimaschere.

    A chi affidarsi per effettuare il fit test?

    A occuparsi del fit test devono essere persone in possesso delle competenze e delle conoscenze necessarie per valutare correttamente i risultati. Nel dettaglio, è necessario soddisfare i requisiti previsti dal programma di accreditamento per l’esecuzione dei fit test stabilito dall’industria per la sicurezza e conoscere i regolamenti nazionali relativi alla specifica normativa. Il tutto passa per il superamento di tre test, tra cui uno pratico: in questo modo è possibile ricevere un’attestazione che andrà rinnovata con cadenza biennale. Le realtà qualificate per svolgere il fit test si occupano di verificare l’idoneità dei dispositivi di ogni singolo lavoratore. Per fare in modo che la prova di adattabilità risulti attendibile il campione che si sottopone all’esame dovrà indossare tutti i DPI di cui normalmente si equipaggia durante lo svolgimento delle mansioni lavorative, così da stabilire anche l’eventuale presenza di interferenze. È necessario sottoporsi al fit test senza aver mangiato o fumato nell’arco dei 20 minuti precedenti così come con i capelli legati, nel caso in cui siano lunghi. Infine, bisognerà tenere in considerazione anche la barba e le basette nel caso in cui queste possano essere un impedimento per la perfetta aderenza del dispositivo.

    Le diverse tipologie di fit test

    La metodologia da adottare per fare la prova di adattabilità varia in base al tipo di DPI da esaminare. La prima importante distinzione da fare sui metodi da utilizzare per l’applicazione di un fit test è se valutare la qualità o la quantità di protezione di un determinato DPI. Il metodo qualitativo, per esempio, generalmente viene applicato alle maschere filtranti: innanzitutto, prima di procedere è fondamentale assicurarsi che il lavoratore preso a campione per la verifica sia perfettamente in grado di percepire odori e sapori, in modo che effettivamente il risultato possa essere considerato attendibile. Stabilito ciò, dovrà indossare un cappuccio sotto al quale avrà messo sul volto il dispositivo da prendere in esame. Sarà, poi, avviato un aerosol che presenti un aroma: qualora il dispositivo svolgesse correttamente il suo compito il lavoratore non dovrebbe essere in grado di sentire alcun odore o sapore. In caso contrario, il DPI sarà ritenuto inefficiente per proteggere l’utilizzatore. Il metodo quantitativo, invece, può essere effettuato seguendo due diverse procedure: il conteggio di aerosol o la pressione negativa controllata. Il primo è un test adatto a qualsiasi tipo di dispositivo di protezione respiratoria: basterà collegare il DPI indossato ad una macchina porta count che misurerà il numero di aerosol. La seconda tipologia, invece, non è adatta ai facciali filtranti e, dunque, è una procedura più selettiva: viene utilizzata attaccando il DPI ad un Quantifit che genererà una pressione negativa ad intervalli e ne misurerà la perdita.

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