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    La “scuola di felicità” del professor Enrico Galiano è giunta a Cerignola

    Il docente di Lettere e scrittore, seguitissimo sul web, ha presentato il suo ultimo libro in un vivace ed empatico incontro con gli studenti dell’IISS “Augusto Righi” e della Scuola Secondaria di I grado “Giuseppe Pavoncelli”

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    «Ciao, sono Enrico. Come state?». Esordisce così, dinanzi alla sua giovanissima platea, Enrico Galiano, uno dei prof. più popolari fra gli adolescenti, nell’incontro tenutosi nella mattinata di sabato 11 marzo presso l’IISS “Augusto Righi” di Cerignola. Dai suoi profili social, il docente di Lettere e scrittore, originario del Friuli, ha raggiunto una moltitudine di studenti sparsa in tutta Italia, fino a superare i 65mila followers soltanto su Instagram. Un insegnante dai metodi alternativi, che ha nell’empatia la sua personale chiave per entrare in punta di piedi e col sorriso nell’animo di tanti adolescenti: dai suoi alunni delle scuole medie della provincia di Pordenone fino a migliaia di loro coetanei che ne seguono l’attività sul web ed anche in libreria. L’ultima sua opera è intitolata «Scuola di felicità per eterni ripetenti» (Garzanti): un libro nel quale si rimettono in forte discussione le proprie certezze (o presunte tali), che fa comprendere come spesso le lezioni più importanti della vita possano giungere da chi sta dall’altra parte della cattedra. Di questo e di altro si è discusso, come detto, in un partecipato e coinvolgente incontro con le scolaresche dell’IISS Righi, con la partecipazione di alcune classi della Scuola Secondaria di I grado “Giuseppe Pavoncelli”, nell’ambito del progetto “Il piacere della lettura” coordinato dalla professoressa Raffaella Morra.

    «Gli eterni ripetenti siamo noi – spiega il prof. Galiano a lanotiziaweb.it -. Il libro si basa su questo concetto, proviamo ad invertire i ruoli: noi adulti diventiamo gli studenti e gli studenti sono gli insegnanti. Vediamo cos’hanno da insegnarci, vediamo soprattutto se abbiamo qualcosa da imparare noi da loro, andando in mezzo ai banchi ad ascoltare cos’hanno da dire. Il libro racconta 21 piccole lezioni in cui gli studenti sono gli insegnanti». Uno dei temi affrontati, all’apparenza paradossale, è “la paura di essere felici”, un delicato passaggio vissuto anche dallo stesso autore in età giovanile. Si tratta di quel non sentirsi all’altezza di qualcosa di bello, di non percepirsi meritevoli di un successo, del coronamento di un sogno, perché spaventati dall’idea di fallire e di soffrirci troppo: «È uno dei sentimenti più difficili da gestire, soprattutto perché è fra i più difficili da riconoscere. Quindi cerco di portare un po’ anche la mia esperienza, dato che sono molto ferrato in materia (sorride, ndr), per confrontarmi. Credo che nel dialogo con le giovani generazioni sia fondamentale mettere anche del proprio, quella che è stata la propria esperienza reale senza fingersi perfetti, senza sentirsi in qualche modo su una cattedra. Bisogna porsi allo stesso livello di chi si ha di fronte».

    A testimonianza di quanto forte sia il legame con i suoi studenti, il prof. Galiano scrive ad ognuno di loro una personale lettera a conclusione dell’ultimo anno di scuola assieme: «Quando arriva il momento dell’addio, alla fine dell’esame, il mio saluto è caratterizzato da questa lettera, diversa per ogni ragazzo, che però finisce allo stesso modo: ‘grazie per le cose che mi hai insegnato’. È un modo anche per restituire un po’ di gratitudine rispetto ad un percorso fatto insieme dove insieme siamo cresciuti. Crescere non è una cosa che si smette di fare». In conclusione, Galiano testimonia una delle lezioni più importanti che ha ricevuto: «Diciamo che ce n’è una a cui penso più spesso perché spesso mi ritrovo in situazioni simili. È la lezione sul costruire – partita da un gioco fatto con i pennarelli, non per colorare ma per costruire delle torri – in cui i ragazzi mi hanno dimostrato come siamo fatti noi adulti, cioè sempre concentrati sul confronto con gli altri fino a farci trascinare dall’invidia sociale. Quella piccola lezione mi torna in mente spesso perché mi insegna a concentrarmi sulla mia torre, sul mio progetto, sul mio sogno. Quando si è concentrati su quello che si sta cercando di realizzare, difficilmente ci si lascia distrarre e abbattere dalle torri più belle che sono intorno a noi».

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