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    L’Università di Bari inaugura il nuovo anno accademico nel segno della pace

    Il messaggio dell'On. Gemma agli studenti: «Vi auguro un futuro in cui possiate scegliere di fare ciò che amate»

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    Le guerre in corso nel mondo, i tanti conflitti dimenticati e il ruolo della conoscenza e quindi delle Università per far crescere nelle coscienze dei giovani il desiderio e la necessità della pace. E’ stato questo il filo conduttore della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2023-2024 dell’Università Aldo Moro di Bari. «Che cos’è una mela? E’ una richiesta semplice, apparentemente banale, che invece incide una ferita profonda e dolorosa nella coscienza collettiva rivelando di come le cose al mondo non vadano proprio bene», ha detto il rettore, Stefano Bronzini, spiegando il titolo assegnato alla cerimonia. La cerimonia si è svolta nel teatro Piccinni di Bari, ospite d’onore la giornalista e ambasciatrice di pace italo-siriana Asmae Dachan. Si è soffermato sul tema della pace Bronzini. «Cinquanta anni fa, il 23 gennaio del 1973, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon annunciò la firma del trattato di Parigi e il ritiro delle truppe americane dal Vietnam – ricorda – Allora si festeggiò la conclusione di una guerra entrata nell’immaginario collettivo di generazioni. Oggi sono 165 le guerre sul pianeta e a elencarle tutte si rischierebbero omissioni».

    On. Chiara Gemma

    Non ha fatto mancare il suo saluto agli studenti Chiara Gemma, professore ordinario in “Didattica e Pedagogia speciale” presso l’Università di Bari, europarlamentare dal 2019. «L’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università di Bari “Aldo Moro” è un momento solenne in cui riflettere, volgendo lo sguardo indietro per poi puntare avanti. Voglio immaginarlo come la condizione tipica della freccia che “può essere scagliata solo tirandola prima indietro”. Quelle frazioni di secondo che anticipano la traiettoria del dardo verso il futuro, sono le più importanti ed è da quelle che muove ogni nuovo inizio. Dal passato che ci lasciamo alle spalle alle sfide con le quali siamo quotidianamente chiamati a confrontarci senza avere a disposizione un ventaglio di possibilità. “E allora il maestro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso”. Questa citazione di don Lorenzo Milani, tratta dallo scritto “Lettera ad una professoressa”, in questo giorno celebrato in modo rimarchevole non può essere letta senza un altro frammento dello stesso autore. “Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come si vuole amare il prossimo se non con la politica o con la scuola? Siamo sovrani. Non è più tempo delle elemosine, ma delle scelte”. Il cuore pulsante di ogni Università non sono i docenti, ma gli studenti. Vi auguro un futuro in cui possiate scegliere di fare ciò che amate. Vi auguro di scegliere con la consapevolezza che ogni vostra scelta farà eco nella vostra vita. Ad maiora ragazzi».

    «Una mattinata intensa quella trascorsa al Teatro Piccinni. Alcune considerazioni a caldo, avvertendo il valore e il peso del tema che il rettore Stefano Bronzini ha scelto per inaugurare il nuovo anno accademico. La pace, anzi, “le paci”. “Oggi sono 165 le guerre sul pianeta – ha detto – che ad elencarle tutte si rischierebbe l’omissione. Non è dunque la breve distanza chilometrica dalla guerra con l’Ucraina a sollecitare l‘urgenza della nostra riflessione. Se le guerre nascono nelle menti degli esseri umani, è proprio nelle menti degli esseri umani che le difese della pace devono essere costruite, una dichiarazione della costituzione UNESCO ripresa nell’agenda europea 2030 che cito testualmente. Lo sviluppo sostenibile non può essere realizzato senza la pace e la sicurezza”. È per me una grande emozione essere parte di quella comunità cui il rettore Bronzini ha fatto esplicito riferimento nel suo discorso. “La nostra convinta adesione – ha sottolineato – alla rete delle Università italiane per la pace dimostra come alla nostra comunità scientifica sia dato il compito di riflettere su un tema così importante. E abbiamo deciso di parlare di pace, partendo da una domanda di una bambina siriana che ha vissuto la guerra. Te ne siamo grati cara Asmae”. Un sentimento quello della gratitudine da coltivare insieme con il seme della pace. Il rettore ha parlato di “paci”. Accogliamo queste provocazioni linguistiche ricordando che le parole che usiamo, definiscono le persone che siamo. Delicatezza e coraggio nelle storie e nelle immagini condivise dalla giornalista e ambasciatrice di pace Asmae Dachan “come un fiore tra l’asfalto, la pace non muore”».

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