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    Momento di preghiera e riflessione sulle donne vittime di violenza nella Parrocchia Sant’Antonio a Cerignola

    L’incontro, in preparazione all’imminente Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ha visto la comunità della chiesa riunirsi per esprimere il proprio sdegno verso quella che è una guerra spesso “invisibile”, ma che non cessa di far versare sangue

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    Quando il parroco, don Carmine Ladogana, conclude la celebrazione della Messa del tardo pomeriggio di mercoledì, le luci all’interno della Chiesa di Sant’Antonio da Padova si affievoliscono. È a quel punto che si fanno protagonisti i parrocchiani più giovani, quelli che incarnano il presente e soprattutto il futuro della comunità, e a prevalere è il colore rosso. È il rosso delle rose che, poste su una sedia vuota dinanzi all’altare, simboleggiano il ricordo delle donne la cui vita è stata strappata dalla ferocia maschile in cui si sono imbattute. È anche il rosso degli indumenti che i parrocchiani hanno indossato, senza distinzione di genere e di età, stringendosi attorno e riempiendo le panche della parrocchia, nonostante una serata non delle migliori dal punto di vista del meteo.

    A pochi giorni dal 25 novembre, ossia la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, e soprattutto all’indomani dell’ennesimo, barbaro femminicidio nel nostro Paese, quello della giovanissima Giulia Cecchettin, la Parrocchia della città ofantina si è riunita per riflettere e lanciare in modo forte e chiaro il suo messaggio a riguardo. Si è iniziato ricordando tutti i 108 nomi delle vittime di femminicidio in Italia nel 2023, per poi leggere poesie, testi sul tema e giungere a spunti e conclusioni elaborate dai ragazzi stessi. «Giulia poteva essere mia sorella, mia cugina o la mia migliore amica», è uno dei messaggi espressi. «Giulia non è vittima di un pazzo, ma della mascolinità tossica che alimentiamo ogni giorno. Ad uccidere Giulia è stata la cultura in cui anch’io sono cresciuto, l’idea che l’uomo sia per qualche motivo superiore alla donna, la cultura del “se l’è cercata”, “non è un lavoro da donna”, “non piangere come le femminucce”. Ad uccidere Giulia siamo stati noi, quando abbiamo scelto di farci andare bene tutto questo per sentirci più forti», prosegue uno dei giovanissimi parrocchiani, che conclude: «Gli ‘uomini veri’ non pensano “Potrei essere io Filippo?”, gli ‘uomini veri’ lo chiamano bastardo e si vantano di essere diversi. Tanto poi è un problema delle donne, no? No! I femminicidi sono un nostro problema e quando lo capiremo sarà sempre troppo tardi».

    Un problema spaventosamente serio, un fenomeno trasversale poiché attecchisce in tutti gli ambienti, senza distinzioni sociali, culturali e geografiche. A triste testimonianza di questo c’è il sangue di vittime innocenti di cui si è macchiata anche Cerignola, con i femminicidi di Titina Cioffi nel 2013 (alla cui memoria è intitolato il locale Centro AntiViolenza) e Nunzia Compierchio nel 2020. Un altro inquietante aspetto legato a questo «fenomeno endemico» – come lo ha definito il giornalista Riccardo Iacona, autore del libro-inchiesta «Se questi sono gli uomini-La strage delle donne» (Chiarelettere), esattamente un anno fa al nostro sito – è l’età media di vittime e carnefici che si fa sempre più bassa, come testimoniato proprio dal caso di Giulia Cecchettin. Ma se da un lato c’è una gioventù che compie atti che lasciano impietriti, dall’altro ce n’è una che rappresenta invece un germoglio di speranza, come quella che popola la Parrocchia di Sant’Antonio da Padova di Cerignola. È chiaro che i frutti di questa semina non si raccoglieranno già domani o dopodomani, ma la prospettiva di un Paese migliore inizia ad apparire un po’ più nitida all’orizzonte.

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