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    Puglia, alla sanità servono 90 milioni. Obiettivo sono i tagli alla spesa corrente

    Si taglia su tutto: azzerati fondi alla Cultura. Per non aumentare l’Irpef chiesto l’ok del governo dopo il maxibuco delle ASL

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    Il deficit 2022 di 450 milioni è stato in parte già coperto con i 260 milioni aggiuntivi che la Puglia ha ottenuto a dicembre sul fondo sanitario nazionale. Nelle pieghe delle disponibilità di bilancio i tecnici hanno finora reperito circa 100 milioni, anche a costo di tagliare sui budget degli altri dipartimenti. Fatto salvo il possibile minor fabbisogno dovuto agli assestamenti in corso, alla sanità resta un buco di circa 90 milioni. E l’unica alternativa all’aumento delle addizionali Irpef e Irap (che in Puglia sono ferme dal 2013) è che il governo autorizzi le Regione ad utilizzare gli avanzi vincolati. Di questo si è parlato ieri nella commissione Salute delle Regioni, che stamattina (con i rappresentanti di Emilia, Lombardia e Piemonte) incontrerà il governo per proporre gli emendamenti al Decreto Bollette. Al primo punto c’è la richiesta di consentire l’utilizzo degli avanzi vincolati, come già è stato fatto lo scorso anno, per rimettere in pari i conti sanitari.

    Il tema è eminentemente politico, ma il fronte delle Regioni (che si rivedranno poi nel pomeriggio per condividere il feedback di Palazzo Chigi) è compatto al di là degli schieramenti, perché il problema è di tutti. Sul deficit sanitario la Puglia è al centro di pressioni interne e rischi esogeni: da un lato le parti sociali protestano, dall’altro il ministero della Salute attende ancora il Piano operativo triennale in cui la Puglia deve spiegare come intende rendere finanziariamente sostenibile il sistema delle Asl. Ieri l’assessore al Bilancio, Raffaele Piemontese, ha coordinato una serie di riunioni con i Dipartimenti. L’ultima, in serata, con la partecipazione di Emiliano, si è conclusa facendo trapelare ottimismo: le coperture già trovate, e la concreta possibilità di svincolare una quota di avanzi, fanno ritenere che non sarà necessario agire sulle addizionali. Tutto questo ha però un costo per il sistema Regione, perché costringe a rinunce anche gli altri assessorati. La più dolorosa riguarda la Cultura, che ha perso i 15 milioni del bilancio autonomo su cui si regge anche il Turismo. Dai fondi europei non si può recuperare nulla. Significa che per il 2023 il budget ordinario sarà pari a zero, e che tutta l’attività dovrà basarsi sui fondi Fsc, anche quelli in forse perché il ministro Raffaele Fitto vuole accentrarne la gestione a Roma. Si spiega così l’appello della delegata alla Cultura, Grazia Di Bari: «È necessario sbloccare i Fondi sviluppo e coesione altrimenti il comparto è destinato a collassare».

    Tornando alla sanità, la prossima settimana una seduta monotematica della giunta regionale discuterà i tre provvedimenti per blindare 200-250 milioni di tagli alla spesa corrente. Il più atteso riguarda le assunzioni, già oggetto la scorsa settimana di una circolare in cui si invitano le Asl, semplicemente, a non prendere più iniziative non concordate. La delibera conterrà una sorta di vademecum procedurale, che spiegherà ai direttori generali come e quando presentare le istanze per ottenere il via libera ad assumere. Ci sarà una prima importante distinzione (tra le Asl che hanno rispettato il tetto di spesa 2022 e quelle che hanno splafonato), e una seconda distinzione rispetto al fabbisogno: chi ha già fatto il pieno di nuovo personale, magari con lo scorrimento delle graduatorie di altre Asl, dovrà stringere la cinghia e fare i conti con gli spazi residui dei pensionamenti. Altro tema è il controllo della farmaceutica convenzionata e diretta. In questo caso il mandato ai vertici delle Asl sarà una responsabilizzazione dei medici prescrittori: i direttori generali, amministrativi e sanitari dovranno dimostrare di aver messo in atto tutte le regole di contenimento della spesa che la giunta regionale ha già emanato negli ultimi tre anni per ciascuno dei vari principi attivi su cui la spesa è fuori controllo. Oltre all’appropriatezza (usare i farmaci secondo le linee guida Aifa) dovrà essere garantita anche la congruità delle prescrizioni: significa verificare che una confezione da 30 compresse duri effettivamente i giorni previsti. Le Asl dovranno presentare una relazione bimestrale, come disposto dalla legge (8/2022) in cui è anche prevista la decadenza per chi non rispetta i tetti di spesa.

    Infine, i presìdi come le protesi, su cui la battaglia è sempre stata persa perché il ricorso alla cosiddetta infungibilità (la dichiarazione del medico in base a cui un dispositivo non è sostituibile da un altro generico) fa saltare ogni ipotesi di risparmio. Anche qui, la delibera conterrà l’invito a fare molta attenzione in fase di acquisto: si dovranno utilizzare gli accordi quadro esistenti che garantiscono il prezzo minore. Ma ci saranno anche, fatta salva l’autonomia dei medici, indicazioni sull’appropriatezza specie per i dispositivi più costosi che non possono essere impiantati indiscriminatamente.

    Massimiliano Scagliarini
    La Gazzetta del Mezzogiorno

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