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    Cerignola, Monsignor Domenico Battaglia ospite della parrocchia Sant’Antonio da Padova

    L’arcivescovo di Napoli ha testimoniato la concreta attualità della vita e del messaggio del Santo, esempio di chi ha portato il Vangelo sulla strada

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    Ha avuto luogo nel tardo pomeriggio di martedì 11 giugno, nel salone “Monsignor Nicola Lanzi” dell’oratorio della Parrocchia di Sant’Antonio da Padova di Cerignola, l’incontro dal titolo «Antonio da Padova, la libertà e l’amore verso i poveri». Protagonista ne è stato Monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo metropolita di Napoli. Nato a Satriano (Catanzaro), e con diversi ricarichi ricoperti da quando è stato ordinato sacerdote nel 1988, Battaglia si è speso in prima persona per gli orfani, i poveri, i tossicodipendenti e gli ammalati con diverse missioni in Italia e all’estero, giungendo fino a Paesi in cui povertà e malattie sono vere e proprie piaghe sociali, come nell’America Centrale e del Sud. Con gli onori di casa del parroco, don Carmine Ladogana, e del Vescovo della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, S.E. Monsignor Fabio Ciollaro, l’arcivescovo di Napoli ha testimoniato quanto nella sua esistenza sia tangibile l’esempio di Sant’Antonio da Padova: «Nel processo di canonizzazione, i miracoli portati come prova della sua santità sono tutti a favore di poveri, donne e bambini – spiega -. I poveri lo sentono come uomo di Dio, rifugio, amico sicuro nei momenti di sventura. Gli ultimi lo avvertono loro perché vedono in lui un uomo capace di comprendere e di accogliere le lacrime della sofferenza, le domande e le fatiche dell’uomo, la gioia di un grazie, lo stupore di sapere che nella vita, nonostante tutte le difficoltà, non si è mai soli».

    E anche Monsignor Battaglia – o Don Mimmo, com’è chiamato dai suoi fedeli – quegli ultimi che ha incrociato sul suo cammino non li ha fatti sentire soli mai. Sono quegli incontri nella vita che definisce «appuntamenti con Dio, a cui dobbiamo essere pronti, perché Egli non abita nei quartieri altolocati del Cielo, ma nelle nostre storie, nella nostra fragilità». È il caso di Stefano, ragazzo sieropositivo conosciuto una sera a Catania, quando era un giovane sacerdote, e che ha condotto a riappacificarsi facendolo stringere in un abbraccio con quella madre con cui ha vissuto a lungo in conflitto. Così com’è accaduto con il piccolo Vito, orfano e ammalato ad appena 6 anni e ospite di una casa famiglia in Brasile, che con le poche forze ancora presenti in corpo dà una grande lezione di umiltà ai presenti più grandi. O Paolino, ragazzino con grave disabilità, che chiede a Don Mimmo di prendere in consegna il suo sogno, non qualcosa per lui ma a favore degli educatori che gli stanno accanto come angeli custodi: «Solo i poveri sanno sognare anche per gli altri, loro ci evangelizzano. Una Chiesa che non sogna non saprà mai evangelizzare».

    Sant’Antonio è colui che spiega che rivolgendosi alla Croce è come guardarsi allo specchio, uno specchio in cui ci si rende conto di quanto l’uomo valga e della sua dignità. È lo spunto, questo, per un appello di Monsignor Battaglia: «Vi prego, difendete sempre la vostra dignità. Non barattatela con niente, perché non c’è niente di più grande. Viviamo la nostra vita con dignità, sempre. Difenderla significa difendere la nostra libertà». In conclusione, giunge da parte dell’arcivescovo una profonda riflessione su cosa deve essere la fede in tempi complicati come questo: «Mai come ora abbiamo bisogno di appropriarci del nostro sogno, che è il sogno di Dio. Solo quando esce dalle sagrestie la fede è davvero credibile. È facile viverla chiusi in Chiesa o in un’aula liturgica. Bisogna abitare la strada, perché è solo sulla strada che si incrocia la povertà. È sulla strada che si vive la solidarietà. È sulla strada che si pratica il Vangelo. È sulla strada che si incrociano gli occhi della gente, e in quegli occhi si coglie il senso della speranza. È dalla strada che si entra nelle case. Torniamo ad abitare la strada, non abbiamone paura. Il Dio del Vangelo è il Dio della strada».

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