Il racconto di una campagna elettorale per le amministrative, in cui si riuniscono vecchi compagni di scuola trasformatisi da banali cialtroni a feroci razzisti, diventa pretesto per fornire il ritratto di un Paese scivolato nel baratro della ferocia senza essersene reso conto. È uno dei molteplici spunti di riflessione e provocazione che lo scrittore e giornalista foggiano Davide Grittani – già autore di successi quali “E invece io” (2016), “La rampicante” (2018) e “La bambina dagli occhi d’oliva” (2021) – propone ai lettori con il suo ultimo libro, «Il gregge», scritto per Alter Ego Edizioni e fra i candidati al prossimo Premio Strega. L’opera ha ricevuto anche la benedizione di Roberto Saviano, con il padre del bestseller “Gomorra” che afferma: «Davide Grittani mescola stile a rancore civile, letteratura a indignazione. Leggendo il romanzo, ci si rende conto che rinunciando all’etica, in fondo, rinunciamo alle nostre stesse vite».
Uscito il 15 febbraio, è stato presentato nella serata di ieri presso la libreria “L’albero dei fichi” a Cerignola, in un incontro in cui lo scrittore ha dialogato con la counselor Mattea Belpiede e i suoi lettori. «Il romanzo è una specie di viaggio all’interno di una società che sembra non riconoscere più la mediocrità, che anzi l’ha introiettata nelle dinamiche quotidiane, fino addirittura a disprezzare chi cerca di fare qualcosa di più elaborato – afferma Grittani a lanotiziaweb.it -. È una cosa abbastanza preoccupante nella vita di un Paese. Soprattutto poi se a questo aggiungiamo il fatto che di etica non parla praticamente più nessuno. Ho voluto rendere tutta questa mediocrità, tutta questa grettezza, sottoforma di materia letteraria. È quello che fa uno scrittore, traduce la confusione in una sorta di stato d’animo e di gesto creativo». Il romanzo, come raccontato dall’autore, ha avuto sempre questo titolo fin dalla sua genesi e fra le sue peculiarità c’è quella di un io narrante che non ha identità. Un espediente che fa sì che fra chi racconta e chi legge non ci siano distanze gerarchiche.
Ad animare la vicenda c’è tutto ciò che ruota attorno ad una campagna elettorale: «È un caleidoscopio delle cose peggiori in assoluto. È il luogo delle promesse a mani basse, in cui qualsiasi genere di impulso, anche animalesco, viene fuori. La cosa più indicativa del romanzo è che in questa campagna non solo si fa sfoggio di queste promesse, ma avvengono le cose peggiori proprio perché l’associazione di idee che meno si fa è che il passo più prossimo alla mediocrità è la ferocia. Quando non c’è più nessun mezzo distintivo, ci si abitua a dialogare con una ferocia che è sia verbale che posturale. La campagna elettorale mi sembrava lo scenario più adatto per dirlo». Un altro dei mali del nostro tempo è il distacco sempre maggiore fra l’elettore e chi va ad eleggere: «C’è un enorme problema di consapevolezza, è evidente – sostiene Grittani -. Ci accontentiamo di eleggere un nome e un cognome, una appartenenza, ma non conosciamo niente delle persone che vanno a rappresentarci, a tutti i livelli. Non abbiamo nessuna cognizione di quello che hanno fatto, di cosa vogliono fare, ci accontentiamo di un misero programma. Questa è una cartina di tornasole della distrazione generale di un Paese in cui basta promettere cose inverosimili per avere un seguito. Mi pare non ci sia nessun rapporto tra un’etica vera e la fiducia che un elettore dà a chi manda a rappresentarlo. Non c’è soltanto un equivoco, ma un tradimento di fondo».
“Il gregge” è un romanzo che porta ad interrogarsi su cosa sia oggi il consenso, su quanto i social media abbiano acuito il narcisismo e se, nonostante tutto, sia ancora possibile non accettare lo status quo e avere la forza di indignarsi. In conclusione, Davide Grittani esprime cosa si auspica che questo suo libro lasci ai lettori: «Intanto, il dibattito che ne è nato, soprattutto nazionale, mi conforta del fatto che forse ci fosse bisogno di un libro così. Se tanta gente si è avvicinata a questo romanzo, mi pare che vada a riempire un vuoto. I libri sono fatti per questo, quantomeno per avviare un’azione di civico dissenso verso un fiume di univocità di pensiero, che si può chiamare anche gregge».