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    La speculazione colpisce anche quest’anno l’uva da vino

    Chi decide il prezzo delle uve da vino? Quali sono i criteri adottati? Perché non ci sono in atto controlli antifrode sui mercati agricoli, nelle cantine industriali?

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    Ci risiamo: annata qualitativamente eccellente, eppure ancora una volta i prezzi dell’uva sono fuori controllo come non è mai accaduto negli ultimi anni in ambito vitivinicolo. È in corso una grave ed iniqua speculazione a carico prima di tutto dei produttori e poi dei consumatori nel silenzio generalizzato più assordante. Tutto tace. Ma come è possibile?! Una situazione insopportabile dove i costi di produzione non sono più coperti dalla vendita del prodotto. Quale azienda può sopravvivere in queste condizioni? Nel nostro Paese l’agricoltura è l’unico settore in cui non è il produttore a fare il prezzo del suo prodotto. La grande distribuzione organizzata è responsabile di politiche economiche agricole al ribasso e speculative. Questa è una grande questione di ingiustizia sociale ed economica, eppure il Governo non fa nulla, la politica e le associazioni di categoria tacciono. Già la vendemmia 2023 fu gravemente compromessa dagli attacchi di peronospora riducendo del 50% la produzione di uva da vino e i guadagni degli agricoltori in anni di grave inflazione e aumento dei costi di produzione. Per inciso, ad oggi le aziende agricole non hanno ricevuto un euro dei ristori compensativi promessi e decantati dal Governo, mentre i produttori ancora oggi stanno pagando le spese rateizzate e non coperte di quell’annata.

    Quest’anno, specialmente al sud, stiamo fronteggiando gli effetti della gravissima siccità di questi mesi che ha ridotto notevolmente le quantità di produzione; quindi, non solo meno prodotto da vendere, ma anche bassissimo prezzo di vendita. Oltre al danno, la beffa. Ma chi decide il prezzo? Quali sono i criteri adottati? Perché non ci sono in atto controlli antifrode sui mercati agricoli, nelle cantine industriali? Quando il prezzo di vendita scende sotto il costo medio di produzione c’è qualcosa che non va. È una delle leggi basilari dell’economia. La risposta non può essere semplicemente “è il libero mercato”. Questo è un far west legalizzato, non è libero mercato. A pagarne il prezzo, ancora una volta, sono gli agricoltori, probabilmente gli unici a lamentarsi. Il tema non sono i produttori ma l’assenza di tutto il resto, di chi dovrebbe fare, tutelare e rappresentare.  Come è possibile che le amministrazioni comunali, specialmente al sud, non alzino un grido di attenzione e disperazione su quanto sta accadendo in molti nostri territori. Intere città a vocazione agricola vivono sulla propria pelle un crescente disagio e la criminalità avanza. So bene che la soluzione non è creare uno scontro tra chi produce e chi trasforma e immette nel mercato, ma è evidente che in questi anni il potere contrattuale delle imprese agricole in favore di altri comparti della filiera si stia progressivamente assottigliando.

    Anche a causa dei cambiamenti climatici l’agricoltura italiana, tutta, è in profonda crisi. Dai noccioleti piemontesi che non riescono più a produrre, agli oliveti nel sud che soffrono irrimediabilmente la cronica assenza di acqua, passando ora alle speculazioni sui prezzi dell’uva da vino. Nel mentre in Inghilterra piantano ulivi. Altro che made in Italy. I piccoli e medi produttori vendono la terra stremati dai cambiamenti climatici e dalle logiche di un mercato cieco e sordo. In una situazione tanto allarmante si innestano, in apparenza inspiegabilmente, i dati nazionali del settore del vino che si mostrano tutt’altro che scoraggianti, malgrado qualche lieve flessione in percentuale nel secondo trimestre del 2024. L’export di vino, infatti, contribuisce ad oltre il 50% delle vendite totali del settore agroalimentare al punto che l’industria vinicola italiana ha raggiunto un valore di 31,3 miliardi di euro. Come è possibile che questo valore economico non ricada positivamente su chi produce? È di questo che bisogna discutere, è urgente creare un sistema in cui per l’agricoltura si parli di prezzi, giusti, e non di premi (sussidi, compensazioni, aiuti accoppiati, ecc.). In fondo per un agricoltore la soddisfazione più grande è vedere ben ripagata la propria fatica e veder apprezzata la bontà del proprio prodotto ottenuta con dedizione e cura inestimabili.

    * articolo a cura di Marco Giordano

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