Ha avuto luogo nella serata di venerdì 31 maggio, presso la libreria “L’albero dei fichi” a Cerignola, l’evento di chiusura di quello che è stato un intenso “Maggio dei libri”. A caratterizzarlo è stata la presentazione dell’ultimo libro del noto scrittore napoletano Lorenzo Marone, già vincitore del Premio Stresa nel 2015 con “La tentazione di essere felici”, in un incontro nel quale ha dialogato con Pietro Fragasso, presidente della Cooperativa “Pietra di scarto”. L’opera si intitola «Pennablù», pubblicata da Marotta&Cafiero, casa editrice di Scampia gestita totalmente da giovani del territorio. È un racconto ironico e provocatorio il cui protagonista è Totò, il pappagallo del boss di camorra Ciro Paglietta. Dalla gabbia dorata in cui vive con tutti gli agi, questo simpatico pennuto diventa suo malgrado testimone di un quotidiano familiare decisamente movimentato. Dietro la comicità delle sue vicende si cela il fatto che Totò non sia un uccello libero, essendo incapace di volare.
«L’idea del libro è nata un po’ di tempo fa, per l’esigenza di avere una narrazione alternativa a quella solita, che purtroppo tende a raccontare la camorra e i soggetti criminali come se avessero vite affascinanti e avventurose – spiega l’autore a lanotiziaweb.it -. Credo che questo abbia causato molti danni, fino all’emulazione. Mi sono detto di provare a raccontare la criminalità in modo diverso, rendendo ridicoli questi camorristi, personaggi grotteschi, come ridicola e grottesca è la loro sottocultura. Ho fatto questo attraverso gli occhi e la voce di un pennuto, un Ara giacinto, un pappagallo enorme che vale una fortuna, finito in casa Paglietta per dono di una famiglia vicina. All’inizio non se la passa benissimo…». L’ironia, quindi, chiave per disinnescare una certa narrazione distorta della malavita e dei suoi personaggi: «È uno strumento usato per rendere ridicole e anche umane, nel senso puro del termine, queste persone che hanno difetti e debolezze. L’ironia è anche un po’ la mia cifra. Ho immaginato questa storia proprio così: veloce, appunto ironica, ma che potesse essere letta a più livelli perché parla di usi e costumi della vita quotidiana di una famiglia di camorristi. Ci sono quindi anche riflessioni sulla libertà e la prigionia di ognuno di noi, sulle gabbie e la difficoltà di aprirle. Ci sono tante metafore».
E, in conclusione, la prigionia del pappagallo Totò è proprio metafora di quella che attanaglia l’esistenza dei malavitosi: «I camorristi sono ingabbiati anche peggio di Totò. Perché lui, come si dice a Napoli, almeno “campa queto”. Al massimo deve preoccuparsi di altri animali che arrivano in casa, come il chihuahua e il boa. I malavitosi sono persone ingabbiate, incatenate. Le loro “carriere” durano pochissimo, e finiscono sempre allo stesso modo. E anche quelle che durano tanto hanno una fine infelice: com’è vissuto Messina Denaro? Nel suo paese, in una casa fatiscente, conducendo una vita mediocre. Quello è il grande paradosso».