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    “Per costruire una comunità inclusiva”, incontro a Cerignola presso Palazzo di Città

    Si è discusso di fragilità, autismo, difficoltà e dell’importanza di fare rete, attraverso le testimonianze di associazioni operanti in prima linea nel territorio. Ospite dell’evento, patrocinato dall’Amministrazione Comunale, la bella realtà de “Il forno di Vincenzo” di Eboli

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    Ha avuto luogo nella mattinata di venerdì 24 maggio, nell’Aula Consiliare di Palazzo di Città a Cerignola, un importante incontro rivolto alla cittadinanza dal titolo «Per costruire una comunità inclusiva». L’evento è stato occasione per discutere ed entrare nel merito di temi stringenti quali fragilità, autismo, difficoltà e soprattutto fornire le testimonianze di chi tutti i giorni si rimbocca le maniche affinché queste difficoltà diventino affrontabili. Ad animare il dibattito, moderato dalla presidente della Pro Loco di Cerignola, Maria Vasciaveo, diverse associazioni e personalità impegnate in prima linea nella missione. Agli onori di casa svolti dal vicesindaco e Assessore al Welfare e Politiche Sociali, Maria Dibisceglia, si sono succeduti gli interventi di Francesco Quinto e Pasqua Labia. Quinto, docente dell’IISS Pavoncelli di Cerignola ed esponente dell’APEIS “Mai Soli”, ha portato all’attenzione dei presenti i risultati fin ad oggi conseguiti con il progetto volto all’inclusione de “La porta della felicità”, che nel suo continuo evolversi è diventato romanzo a fumetti, musical e iniziativa itinerante per le scuole cittadine. Pasqua Labia, invece, rappresenta l’associazione “Insieme per l’autismo” ed ha fornito testimonianza più che mai diretta di quali fondamentali obiettivi è possibile raggiungere impegnandosi con dedizione in questa direzione.

    È infatti madre di Marco Russo, ragazzo autistico che tre anni fa ha conseguito presso l’Università di Foggia la laurea in Scienze dell’Educazione, con una tesi su “I Romani e la diversità”, ottenendo il massimo dei voti. Nel suo elaborato, Marco ha posto l’accento su come l’uomo nel tempo si sia approcciato alla diversità, dimostrando come essa sia sempre stata indicata con pregiudizio, cioè un giudizio senza alcuna conoscenza alla base. Ospite principale della giornata è stato “Il forno di Vincenzo” di Eboli (Salerno). Si tratta di un forno sociale di comunità, realtà in cui tutti e tre questi termini hanno un loro peso specifico. A portarlo avanti è Vincenzo Bardascino, giovane fornaio innamorato del mestiere fin da bambino, affetto da sindrome X Fragile, la più frequente disabilità intellettiva ereditaria, cosa che però non gli impedisce di sfornare un pane il cui valore va ben al di là dell’aspetto gastronomico. «Il nostro progetto nasce dalla tenacia di Vincenzo, senza la quale non sarebbe stato possibile costruire questo forno -spiega Elena Merola, cofondatrice de “Il forno di Vincenzo”, a lanotiziaweb.it -. È un forno sociale, di comunità, situato nel centro antico della nostra cittadina, Eboli. Il forno sociale di comunità rappresenta quello che è l’obiettivo, inserire questo forno nel sociale, dove accoglie ed è a sua volta accolto. La comunità del centro antico infatti ci ha accolto, sostenuto e ci sostiene ancora. È da qui che si crea la comunità».

    Il forno rappresenta un progetto di miglioramento della vita che si fonda su due aspetti fondamentali: lavoro e relazioni sociali. Al suo interno si adoperano lievito madre e grani cosiddetti antichi di origine certificata del territorio, mentre è escluso qualsiasi intervento di elementi chimici. A dar man forte a Vincenzo c’è Antonella Dell’Orto, dell’associazione “Le catenelle”: «Riprendiamo il lavoro all’uncinetto per lanciare un messaggio anche rivoluzionario – racconta -. La catenella è il primo passo per costruire catene, quindi relazioni. Le catenelle sono opere relazionali condivise. Andiamo quindi a creare interventi per opere di rigenerazione urbana, dove l’intento è tessere reti fra persone, farle ritornare a vivere fasi di comunità. Con Vincenzo diamo vita a creazioni che vanno a comporre le confezioni del suo pane. In questa nostra rete cerchiamo di relazionarci con tutte le identità del territorio. Ad esempio, siamo legati ad un centro che fornisce assistenza a donne vittime di violenza attraverso case-famiglia. Queste donne vengono a lavorare con noi e da qui si generano relazioni da cui si sviluppa un progetto di effettiva inclusione e relazione. Abbiamo bisogno di comunità e la facciamo con l’uncinetto».

    In conclusione, da Elena Merola giunge un chiaro appello agli addetti ai lavori e non solo: «Bisogna ascoltare i desideri dei nostri figli, supportarli e condurli avanti. È un lavoro che non si può fare da soli, ma insieme. Non si deve mai mollare, bisogna invece ascoltare e farsi ascoltare. Si comincia con piccoli passi e, passo dopo passo, si raggiungono obiettivi come “Il forno di Vincenzo”. Anzi, non è un obiettivo raggiunto, ma un punto di partenza per crearne di nuovi. Lavoreremo ancora».

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