Settantanove persone contagiate in totale, 14 delle quali decedute. Sei casi di positività nelle ultime 48 ore, due dei quali riferibili alla giornata di ieri, i restanti quattro ad oggi: la metà di quelli certificati nella giornata odierna, o perlomeno alle ore 16, nell’intera Capitanata, che in tutto conta 61 comuni. Sono i numeri del coronavirus a Cerignola. Ora, se è vero che Cerignola, dopo Foggia, è il centro più popoloso della provincia e che vi sono Comuni messi anche peggio del nostro in quanto a numero di contagi – vedi Torremaggiore, San Giovanni Rotondo e San Severo -, è anche vero che si conferma a Cerignola un andamento in pericolosa controtendenza rispetto al trend nazionale e regionale in primis, ed anche in confronto a quello provinciale, anche se con differenze meno marcate in questo ultimo caso.
Quello che sconcerta non è tanto o non solo il numero delle persone che si sono ammalate in 45 giorni, quanto l’altissimo tasso di letalità. Poco meno di un quinto di chi ha contratto il coronavirus nel centro ofantino ci ha rimesso la vita. E’ per questo che i dati preoccupano, anche perché Cerignola non ha residenze sanitarie assistite, che, come abbiamo visto, hanno costituito un po’ ovunque, nella Penisola, i principali focolai di infezione. I numeri, però, dovrebbero, anzi devono servire a qualcosa. Stiamo assistendo a qualcosa che dobbiamo definire un pericoloso colpo di coda del virus? Dobbiamo pensare che mentre –pare – il virus negli ultimi giorni si sta generalmente manifestando in forme meno aggressive, a Cerignola stia avvenendo il contrario? Oppure, molto più realisticamente, dobbiamo pensare che mentalmente un numero ragguardevole di cittadini è già entrato nella fase 2 o forse anche nella fase 3? Uomini anziani che camminano affiancati in tre o quattro con la mascherina abbassata sul mento; gruppi di ragazzi (anche dieci) attorno a una panchina, privi di qualsiasi protezione individuale. Per non parlare dei proprietari dei cani – non ne abbiamo mai visti tanti in giro come nell’ultimo mese -, la stragrande maggioranza dei quali evidentemente pensa che lo stare accanto ad un quadrupede li renda immuni da qualsiasi eventuale contagio. Morale della favola: da dieci giorni almeno a questa parte, fatta eccezione per chi fa la fila per entrare in un supermercato o in un negozio, una buona fetta di nostri concittadini pare aver preso la cosa sottogamba.
COME SEMPRE, ANZI, PEGGIO
Una porzione di cittadinanza, indifferente a qualsiasi regola, cinica, disincantata fino alle estreme conseguenze, se ne strafrega degli altri, non vuole capire che ognuno di noi dipende non solo da sé stesso ma anche dagli altri e che camminiamo tutti come su un filo sospeso. E non è certo una questione di ceto: non è solo il cosiddetto popolino a comportarsi così. Il senso civico, troppo spesso, in realtà come queste, è pari a zero, anche in questo tragico frangente di vita sospesa. A volte ci si chiede quali costi avrà questa particolare e malintesa forma di libertà che consiste nel farsi gli affari propri fottendosene altamente di chi ci circonda. Speriamo che questo virus sparisca. Da solo. Molti, di fatto, paiono lavorare perché rimanga tra noi. Con menefreghismo. Con insopportabile fatalismo. Con il rifiuto di qualsiasi utile accorgimento ed invito al buon senso. Noi (un noi non esteso alla totalità tutta, ndr), da soli, non ce la facciamo a capire. Qualcuno deve spingerci a capire. Con l’imposizione. Con la decisione non negoziata. Con il provvedimento urgente ed indifferibile. Senza possibilità di interlocuzione. Noi non discutiamo. Noi urliamo. Noi non mediamo. Noi ci scontriamo. Siamo così. Non c’è niente da fare. E amiamo, sotto sotto, chi fa come noi, anche se in certi momenti lo odiamo. Perché in lui ci riconosciamo. Dunque, accettiamo chi calpesta la nostra dignità e decide per noi, non riconoscendoci alcuna capacità intellettiva.
Chi è libero di adottare provvedimenti impopolari, ma assolutamente in grado di arginare i contagi a Cerignola? Chi è veramente libero da condizionamenti ambientali? Chi ha maggiore potere decisionale? Solo chi non fa il politico di professione, solo chi non deve presentarsi alle elezioni e non ha dunque timore di vedere eroso il proprio consenso, può compiere azioni in grado di essere ricordate come rivoluzionarie, e a fin di bene.
[…] Buona performance numerica quest’oggi, seppure una porzione di cittadinanza, disincantata fino alle estreme conseguenze, continua a non rispettare le regole, come abbiamo rimarcato nell’editoriale di ieri. […]